giovedì 9 ottobre 2008

Fine

9 ottobre 2008

si chiudono i battenti

questo piccolo blog finisce felicemente qui.

E' un piccolo spazio un po' nascosto, una piccola grotta

E' un bell'album di ricordi...

attraverso le parole, quelle belle, quelle tristi, quelle banali e noiose

é nata una strana mappa dei miei sentimenti nell'anno che sta per terminare

non l'anno solare, l'anno emotivo.

Continuerò forse a scrivere altrove

tornerò qui alla base per rivivere alcune emozioni

di cui ho una grandissima nostalgia.

Spero che ci torni anche la sola persona

che ha il duplicato della chiave =)

perché condivide con me i più belli tra quei ricordi

perché conosce come nessun altro

la me che scrive, seduta in penombra, che trema

l'unica me che vorrei sopravvivesse all'usura del tempo.

lunedì 6 ottobre 2008

Energia comprensiva (parole sante frankie, come al solito) per coloro la cui vita cerca fughe in diagonale, io ne conosco un paio, di cui una sono io.

Running against the grain (Franco Battiato)

Running against the grain
Running through the rain
Ho attraversato la vita inferiore
Seguendo linee per moto contrario.
Sfruttando per le mie vele
Flussi di controcorrente.
Cercando sempre le cause
Che mi hanno insegnato ad andare
Con disciplina anche contro le mie inclinazioni.
Marmoree scogliere lontane
Spezzano ogni forza in mille spume
L’odore domina sovrano il profumo delle cose.
In verità non mi sono mai legato e adesso

La mia vita fugge in diagonale
Ritorna prepotentemente un desiderio morale
La mi vita cerca fughe in diagonale
Per accelerare le calde influenze del sole.

Osservo la mia condizione
Il mio prezioso ed alterno passato
Le mie bizzarre imprese
Sono mercurio colorato.
Un salto oltre ciò che abbassa
Pinna in altro mare e intanto
La mia vita fugge in diagonale
Ritorna prepotentemente un desiderio morale
La mi vita cerca fughe in diagonale
Per accelerare le calde influenze del sole.

Indipendente la mia vita fugge

domenica 5 ottobre 2008

M'illumino di niente.

Smash

Di nuovo

ecco che cambia tutto di nuovo.

Niente panico.

Mi sento regredire di anni

la caratteristiche più pericolose della me pre-taglionetto

e quelle meno controllabili della me attuale

si mescolano in un cocktail letale.

Come dire... il diavoletto e l'angioletto sulle spalle

e qualcuno deve prendere il sopravvento

suona spiritoso ma è una tragedia

mi sento scissa

mi sento o mezza o mezza

mai tutta intera

mi sento vulnerabile

aggressiva

aggressiva come una gatta se gli tocchi i cuccioli

aggressiva come un uomo buono tenuto in ostaggio al buio per anni

aggressiva come chi ha poco pensiero nella testa o come chi ne ha troppo

aggressiva come chi è aggredito.

E questo mi fa paura.

Ho bisogno di aiuto, ho bisogno di andare molto a fondo, vorrei

non solo non fare del male a me e agli altri

addirittura vorrei fare il bene degli altri

e di me stessa

sarebbe bello.

martedì 30 settembre 2008

Caduta libera

Per la miseria, non riesco a studiare, o almeno non come vorrei.
C'è un'interferenza che parla di inferno, purgatorio e paradiso.
Sto studiando la mia emotività, dovrei nutrire anche
le altre parti della mia persona,
se no sarò sempre una squilibrata.

Mi sento sdoppiata, di nuovo,
mi sento sdoppiata sempre, a pensarci bene.
Dovrei fondere queste due persone che ho dentro.
L'ideale. Sarebbe l'ideale. Ecco perché non ci riesco.
Perché l'ideale non esiste.
Ultimamente la peggio roberta prende il sopravvento
e l'altra, indebolita dalle mie virate sbandanti,
non ce la fa a reggere il confronto.
Ho paura che vada tutto in frantumi.
Batto sempre su questa cosa dell'eroismo...
ebbene, dovrei diventare l'eroina di me stessa
arrestando la caduta prima del tonfo,
prima possibile.

martedì 23 settembre 2008

perché non pesi niente (marta sui tubi)

guardami, spingimi,
come chi mi guarda,
spingimi, guardami,
spingi come chi mi guarda,
spingimi, guardami, spingimi,
come chi mi guarda,
spingimi, guardami,
spingi come chi mi guarda

Quello Che Fotte La Cosa Più Semplicemente Umana
Lasciare Il Controllo Del Male,
Le Reti, Le Diete,
e se è il caso di perdere Parti di Se

goditi i tuoi lividi, i tuoi brividi
e poi specchiati
altalene che restano ferme a metà
perchè non pesi niente

basta star bene
per non stare male,
bene o male, bene
la voglia di farlo
bene o male, bene
ma solo da quando
sono stato male, vabbene
da quando sono di qua

forse sognerò

piuttosto:guardami, spingimi,
come chi mi guarda,
spingimi, guardami,
spingi come chi mi guarda,
spingimi, guardami, spingimi,
come chi mi guarda,
spingimi, guardami,
spingi come chi mi guarda

guarda che a volte la cosa
più semplicemente umana
lasciare il controllo del male,
le reti, le diete,
e se è il caso di perdere parti di sé

non ho pianto
questo è certo
ma era un sogno
ho un ricordo:

Caro Marco,
ti scrivo dal profondo del mare,
nascosto dentro un giardino di corallo
a riparo dagli squalima invisibile per le sirene
quando ne ho voglia
alzo gli occhi e guardo il sole
attraverso un milione
di miliardi
di metri cubi d'acqua
e finalmente
non mi bruciano più gli occhi.

(Marta Sui Tubi)

la mia collera inutile

Sappiate in ogni caso che quello che buttate fuori dalla porta vi rientrerà presto dalla finestra

e con gli interessi

sforzatevi finché vi è possibile di non constatare l'abbrutimento mentale dei vostri figli e respirate dalla bocca spalancata

non sentirete l'odore della decomposizione in corso proprio sotto il vostro letto

e proprio i frutti del vostro letto stanno scadendo in poltiglia abbandonati al suolo

sterilizzato dalla gomma delle vostre scarpe delle vostre ruote della vostra carriera

di voi chi? ma io a chi parlo?

a nessuno qui

e a nessuno tutti i giorni

io non ci capisco niente e voi lasciate che io non ci capisca niente perché è più facile

come si fa a recuperarli da lì? in mezzo all'immondizia già è tanto se ci si innamora

chi più e chi meno

proprio voi che avevate lo spirito di corpo per fare rivoluzioni

riesumate quelle passioni adesso e immaginate di viverle soli come cani

ciascuno di voi come un randagio chiazzato di parassitosi solo

su un marciapiede putrido del tracimo dei tombini

immaginate di vagheggiare giustizia e libertà e rispetto e vita e predicare

soli come matti col muro insozzato di una scuola di seconda categoria.

Mi sento tanto confusa e tanto ferita. Nient'altro.

Certa gente dovrebbe stare attenta a quello che dice

almeno a quello.

shock in my town

Shock in my town velvet underground
Ho sentito urla di furore
di generazioni, senza più passato,
di neo-primitivi
rozzi cibernetici signori degli anelli
orgoglio dei manicomi.

Shock in my town
velvet underground

Ho incontrato allucinazioni.
Stiamo diventando come degli insetti; simili agli insetti.
Nelle mie orbite si scontrano tribù di sub-urbani,
di aminoacidi.

Latenti shock
shock addizionali, shock addizionali
sveglia Kundalini,
sveglia Kundalini, sveglia Kundalini
per scappare via dalla paranoia
mescalina
come dopo un viaggio con la mescalina che finisce male
nel ritorno.

Franco Battiato

Il guerriero della luce

Quando si vuole una cosa, l'Universo intero trama a favore. Il guerriero della luce lo sa. Per questa ragione, presta grande attenzione ai propri pensieri. Nascosti sotto tante buone intenzioni ci sono sentimenti che nessuno osa confessare a se stesso: la vendetta, l'autodistruzione, la colpa, la paura della vittoria, la gioia macabra dinanzi alla tragedia altrui. L'Universo non giudica: cospira a favore di cio' che desideriamo. Percio' il guerriero ha il coraggio di guardare le ombre della propria anima, e si domanda se non stia chiedendo qualcosa di sbagliato per se stesso. E presta sempre grande attenzione a cio' che pensa.

Paulo Coelho

lunedì 15 settembre 2008

Caos.

Ah, ormai scrivo quasi a scadenza mensile. Forse non ho molto di interessante da raccontare. Forse non l'ho mai avuto. Comincio a pensare che non abbia senso. Un blog è una bella cosa. Potrei utilizzarlo in modo diverso. Il che equivale un po' a dire che potrei utilizzare la mia mediocre intelligenza in modo diverso. Ma mediocre intelligenza, tendenze ossessive, vittimismo e pigrizia non fanno una personalità ben assortita. Tra l'altro tutte parole che suonano male. Tutte spigolose...

Eppure qualcosa sta cambiando. Stasera è successa una cosa importante. Ho smantellato la mia "bohème confortevole" e sto montando una "deliziosa cameretta" di betulla dell'ikea (e vi risparmio la commozione dello smontaggio e i consueti particolari drammatici del montaggio...). Sarà quasi impossibile ripristinare il mio disordine: quando c'è un posto per ogni cosa, la tendenza è quella di mettere le cose a posto. E soprattutto: quando non c'è posto per tutto, qualcosa va eliminato. Io tengo anche gli scontrini dei caffè di quattro anni fa e i gettoni della doccia di quando ero bambina e andavo in piscina. Colleziono le bottiglie della birra, panda in tutte le salse, cartoline, soprammobili usati, candele, souvenir di vario genere, manifesti e volantini e bandiere ecc ecc ecc... insomma difficilmente butto qualcosa che non sia proprio una buccia di banana. Il bello è che non sono collezioni ordinate, che ne so, divise per mensole o roba simile... vanno a spasso così...mescolate...

Insomma è un brodo primordiale. Una specie di soffitta, un deposito di roba vecchia. Se poi ci aggiungiamo diciotto anni di libri (anche quelli che mi leggevano quando non sapevo leggere, per intenderci, che sono parecchi) tutti consultati frequentemente e non rimessi sugli scaffali, pinzette e ciappette per i capelli
collanine braccialetti spille quintali di vestiti (non butto manco quelli, da anni) calamite monetine cd (madonna i cd!) quaderni e libri di scuola foto gigante regalo del mio ex 3x4 metri intelaiata
penne matite pennarelli squadre e compassi cavalletti per dipingere colori acrilici acquerelli bombolette pastelli a cera giornali vecchi peluches bambole rose secche fotografie chitarre basso e annessi amplificatori diamoniche flauto dolce una tastiera rotta degli anni ottanta (e per capirci non saprei suonare nemmeno il tricchetracche) i trampoli il baule della bisnonna con dentro IL CORREDO!! (no comment...) ...

il tutto disposto in maniera casuale ovunque ci sia un piano d'appoggio (pavimento compreso)
e i piani d'appoggio sono anche fantasiosamente assortiti, insomma: pezzi di camera matrimoniale d'ottone (brrr) degli anni settanta, scrivania verde pastello e legno chiaro, scrivania legno scuro e alluminio, mobiletto anni sessanta dell'usato, scaffale bianco fatto da mio nonno quindici anni fa, poltroncine vecchie dell'ufficio di papà, due letti spogli (solo rete e materasso) che vanno vagando un giorno qua uno là perché non riesco a trovargli un posto, i mobili ridipinti da me quando avevo 14 anni (neri, manco a dirlo)... poi i muri scritti e scarabocchiati...

quasi invivibile, direbbe qualcuno. Eppure ci stavo bene. Solo che mia madre ama questa casa ed è appassionata di arredamento e di interni ben fatti. Mi son lasciata scappare che forse forse dopo 3 anni dal trasloco sarebbe stato niente male dare una sistemata. Il giorno dopo mi trascinavo all'ikea col mal di piedi... ho scelto tutto legno chiaro, conto di fare una parete... bo, celestina? e di buttare sacchi di roba, anche se mi piange il cuore. Ancora non realizzo però. Servirà un lungo periodo di assestamento. Mi mancherà la mia baraonda.

Magari mi viene da studiare. Non è che non mi venga, è che non sono tanto capace. Se una cosa non mi interessa fatico a tenerla a mente più di mezz'ora. Infatti se studio mezz'ora prima dell'interrogazione prendo anche 8, se studio il pomeriggio prima, la mattina non mi ricordo manco come mi chiamo. Tipo le date di storia... ma anche solo la collocazione di un evento in un secolo...poi non me lo ricordo comunque dopo una settimana... che guaio... e poi sono pigra... leggo ma leggo e godo e basta, non è che saprei ripetere quello che ho letto. Forse i libri ber bambini sì. Ecco, dovrei leggere libri adulti. Impegnati. Ma faccio una fatica... se non è almeno romanzata la questione mi resta sullo stomaco. Poi ci metto tempo. Leggo un rigo... poi per sicurezza lo rileggo... poi magari ci faccio un pensierino qualche secondo...poi mi viene voglia di camminare per la stanza in preda a qualche entusiasmo... e cammino per qualche ora... e la giornata finisce e non ho conculso un cazzo...


d'inverno vorrei andare in letargo.

mercoledì 20 agosto 2008

Un tormentone di qualche anno fa sfiora il mio mondo interiore e il potere della canzone in genere mi trascina inunturbinediscintillantipippementali.

Non posso fare a meno della musica, o meglio, della canzone, perché più di altre forme d'arte (ovviamente è solo un'opinione, un modo di percepire) ha il potere di toccare l'anima nell'immediato, a ripetizione, in qualunque momento, a fondo. Ha il potere di cambiare, disegnare, rifinire le generazioni. E' poesia, un po' più... maschia. (che poi cosa è maschio? saranno preconcetti? strutture imposte, innaturali? Come quando parlavo con Marco del bianco e del nero. Ci sono parti del mondo in cui il nero è purezza e nobiltà, il bianco è lutto.) Quando si legge una poesia la musica che l'accompagna è soggettiva, personale, naturale, irripetibile. Ci sono grandi poeti che possiedono un talento musicale tale da limitare questo effetto, mettendo più o meno tutti sotto lo stesso ombrello. Come fa la poesia accompagnata dalla musica (e viceversa?). Certo in questo la canzone lascia un margine molto più limitato alla soggettività. Anzi, non è certo, per niente. Mi sembra di stare a fare un discorso molto limitato. Ma in fondo tutti i discorsi sono limitati. Ecco perché ho difficolta a prendere delle posizioni. Sì non ci si puo' esimere, lo faccio, lo faccio anch'io solo che quando lo faccio me ne pento con puntualità svizzera. Ho difficoltà anche a scegliere il colore dei calzini. E dei collant. Non sono mai pienamente soddisfatta dei calzini. Rompono sempre qualche equilibrio. Eppure sono importanti i calzini. Immagina una vita senza calzini, con questo clima. No no. Non si vive senza. Certo uno che abita all'equatore potrebbe non pensarla così. Allora il mio motto di oggi (di oggi perché i diciottenni sono mutevoli di principi) : qui lo dico e qui lo nego. Certo (o forse no) che ce ne sono altre di frasi fatte adatte allo scopo. Solo che mi viene in mente questa. Forse dovrei dare anche alle altre l'attenzione che meritano. Sarebbe qualcosa come... democratico. Qualcuno dirà che non è il termine giusto. Certo (o forse no) che a prendere in considerazione tutti i punti di vista si diventa scemi. Uno sguardo globale non è equilibrato. Non è nemmeno democratico. E' più anarchico che democratico. In ambo i casi imperfetto. Ecco: questo è un discorso stupido. Ecco: mi sto giudicando di nuovo. Ma non mi pesa, mi diverto. Solo che poi mi servono due ore solo per scegliere il colore dei calzini. Per venire a capo di una decisione importante mi servono dodici vite. Fortuna che alla fine le cose si scelgono da sole. Forse si scelgono da sole dal principio. Dicono che è l'ascendente bilancia a fare questi scherzi. Dicono anche che è l'ascendente più frequente nella categoria dei serial killer. E forse forse forse comincio a capire perché. IHIHIHIH.

Certo che se non faccio la seria stamane non riesco a dire quello che dovevo dire a bomba. Dovevo dire che questa canzone, il cui testo segue codesto sproloquio, è stata pubblicata nel duemilauno e...
aspetta aspetta! nel duemilauno avevo undici anni...

Ho ritrovato un diario di quei tempi. Quando l'ho letto mi stavo letteralmente (e finemente) pisciando dalle risate. Adesso mi sono un po' assuefatta. Comincio a prenderlo anche abbastanza sul serio. Adoro la bambina che ero. La vedo come una persona staccata da me e presente con me, è un fantasmino che mi gira intorno di continuo. La mia amichetta immaginaria è me bambina. Mi fido di lei. Appendo le sue foto, non le mie, leggo i suoi diari. E' schietta e materialista come solo i bambini. E' logorroica, molto solare, di una lentezza esasperante (certificata per cinque anni di fila sul giudizio complessivo retro pagella). Cade in continuazione. E' distratta, si imbambola (se ci sono parenti all'ascolto possono confermare...). All'asilo ha fatto un saggio di ginnastica, c'era da ricordare una sequenza di movimenti che terminava con quattro passi sul posto sul pezzo di nastro isolante predisposto, poi fronte dest e avanti marsch dal cortile al salone. Solo che quattro passi sono troppi per rimanere concentrata su quello che segue, non è vero? Quindi è rimasta a camminare sul posto, da sola, con gli altri bimbi che le passavano d'avanti e di dietro per andare nel salone senza che lei ci facesse caso. Fissava il pavimento rosa e bianco del cortile, incastrato come un puzzle. Una bella pavimentazione.
Non sentiva nulla. Né gli applausi, né il vuoto di bimbi intorno, né le persone che ridacchiando le dicevano di andare. Niente, non si è smossa finché non è arrivata la suora a scuoterla. Allora è schizzata nel salone, imbarazzata.
Una volta chissà perché ha preso la rincorsa è si è lanciata di fronte contro il davanzale della finestra. Un bernoccolo del demonio. Qualche rotella in meno. E questo spiega molte cose, direbbe qualcuno.
E una volta si è scorticata un ginocchio sulla passerella al mare, solo perché la passerella era bianca. Lei l'ha guardata, appena ripulita e sfavillante al sole d'agosto, bianca come la neve. Ha pensato (e non se lo scorderà mai mai mai) "se mi chiedono il mio colore preferito rispondo bianco, se mi chiedono perché rispondo che è il colore delle spose" e nell'entusiasmo di quel pensiero si è lanciata in corsa sulla passerella senza curarsi di correre mettendo un piede davanti all'altro ed è caduta. E la ferita faceva male perché era piena di sabbia, e ancora più male perché aveva spezzato un momento bello. E a diciotto anni riuscirà ancora a intravedere quella cicatrice quasi scomparsa, sul ginocchio, tra le altre. E' bandirà i colori (eccetto il viola, il rosso il grigio e il blu) e il bianco in particolare dalla sua vita per quasi quattro anni. Poi lo riscoprirà pensando che è importante. Perché le spose sono bianche, le bandiere bianche sono bianche, le vergini sono bianche, le nuvole sono bianche, il cemento delle passerelle al mare, le vele, la ricotta, la mozzarella, il latte, il lenzuolo dei fantasmi, la cornice delle iridi, quel vestito, la neve, il polline dei fiori, la luce, checché ne dicano, con tutto il dovuto rispetto e l'ammirazione per delle culture meravigliose, dall'altra parte del mondo, capito Musetto? =P

Insomma tagliando che ho sonno
quel diario... sono poche pagine, credo che le trascriverò, in un momento migliore, senza sette ore di traghetto sotto gli occhi.

La canzone è del 2001 e dei Noir Désir, Le vent nous portera, l'ho riscoperta poco tempo fa, ed è quanto di più vicino al mondo della mia testa possa esistere, musica e testo. Ogni passaggio, ogni immagine coglie nel segno con un'esattezza che mi fa paura. In realtà si può e si deve leggere in molti altri modi, è importantissimo. Fa riferimento a quasi tutte le cose più grandi che l'umanità conosce e vive.
La musica, molti la ricorderanno. Il testo eccolo, traduzione e originale.


Non ho paura del cammino
Bisognerà vedere, bisogna assaporare
La parte più profonda e oscura di noi stessi
E tutto andrà bene là,
Il vento ci guiderà
Il tuo messaggio all'orsa maggiore
E la traiettoria del viaggio
Un'istantanea di velluto va
Anche se non serve a niente
Il vento la porterà con sè
Tutto sparirà ma
Il vento ci guiderà
La carezza e la mitragliata
E questa piaga che ci perseguita
Il palazzo degli altri giorni
Di ieri e di domani
Il vento li porterà con sè
Genetica e bandoliera
Dei cromosomi nell'atmosfera
Dei taxi per le galassie
E il mio tappeto volante, allora?
Il vento lo porterà con sè
Tutto sparirà
il vento ci guiderà
Questo profumo dei nostri anni morti
Ciò che può bussare alla tua porta
Infinità di destini
Se ne perde uno e poi cosa ne rimane?
Il vento lo porterà con sè
Mentre la marea sale
e ognuno rifà i propri conti
Io mi sposto nel cuore della mia ombra
Polveri di te
Il vento le porterà con sè
tutto sparirà
il vento ci guiderà


Je n'ai pas peur de la route
Faudrait voir, faut qu'on y goûte
Des méandres au creux des reins
Et tout ira bien là
Le vent nous portera
Ton message à la Grande Ourse
Et la trajectoire de la course
Un instantané de velours
Même s'il ne sert à rien va
Le vent l'emportera
Tout disparaîtra mais
Le vent nous portera
La caresse et la mitraille
Et cette plaie qui nous tiraille
Le palais des autres jours
D'hier et demain
Le vent les portera
Génetique en bandouillère
Des chromosomes dans l'atmosphère
Des taxis pour les galaxies
Et mon tapis volant dis ?
Le vent l'emportera
Tout disparaîtra mais
Le vent nous portera
Ce parfum de nos années mortes
Ce qui peut frapper à ta porte
Infinité de destins
On en pose un et qu'est-ce qu'on en retient?
Le vent l'emportera
Pendant que la marée monte
Et que chacun refait ses comptes
J'emmène au creux de mon ombre
Des poussières de toi
Le vent les portera
Tout disparaîtra mais
Le vent nous portera

domenica 17 agosto 2008

La fiola dal paisan

L'è la fiola dal paisan
l'è la fiola dal paisan
tutti dicon che l'è bela
l'è la fiola dal paisan
tutti dicon che l'è bela
Tanto bella come l'è
tanto bella come l'è
la s'è fatta rimirare
tanto bella come l'è
la s'è fatta rimirare
La s'è fatta rimirar
la s'è fatta rimirare
da tre soldati armati
la s'è fatta rimirare
da tre soldati armati
Il più bello di quei tre
il più bello di quei tre
lui se l'è portata via
il più bello di quei tre
lui se l'è portata via
L'ha purtà tanto lontan
l'ha purtà tanto lontan
'na prigion profonda e scura
l'ha purtà tanto lontan
'na prigion profonda e scura
O papà mio papà
o papà mio papà
cosa dicon di me in Francia
o papà mio papà
cosa dicon di me in Francia?
Tutti parlan mal di te
tutti parlan mal di te
e che sei figlia rubata
tutti parlan mal di te
e che sei figlia rubata!
Io non son figlia rubata
io non son figlia rubata
al mio amor son maritata
io non son figlia rubata
al mio amor son maritata.

Tradizionale- La piva dal carner

sabato 26 luglio 2008

Il mio corpo sono io (Antonio Scurati)

"Dato che Aspasia, invece, intendeva benissimo, fu lei a chiedere spiegazioni al dottor Maspero: "E cosa sarebbe questa isteria di cui io e tutte le giovani figlie del secolo saremmo afflitte, dottore?". Maspero, sconcertato dal fatto che la fanciulla chiedesse spiegazioni scientifiche della propria malattia, si voltò verso la contessa Morosini.

"L'amiamo tutti come una figlia, Giuseppe," gli disse la contessa con familiarità, "anche se non lo è. Non abbiamo patria potestà su di lei. Aspasia, per di più, è una ragazza istruita. Per quanto possa sembrare strano, grazie alla principessa di Belgiojoso ha ricevuto, sebbene in maniera irregolare, un genere di istruzione che di solito si riserva ai maschi. Conosce la filosofia e la scienza, oltre alla musica e alle altre arti gentili. Se vuole sapere, e se il darle spiegazioni non ti imbarazza, lascia che sappia."

Indispettito, Maspero si picchiettava la montatura d'osso del monocolo sul ginocchio.

" I tempi sono cambiati, caro Giuseppe. Non è più come quando mi accompagnavi alla Scala a sentire Rossini, prima che il conte Morosini mi chedesse in sposa," aggiunse poi l'anziana contessa infilando tra le sue parole una punta di garbata civetteria.

"Vedete, signorina," esordì allora il dottor Maspero camminando su e giù per la stanza, come se stesse tenendo una lezione nell'aula ad anfiteatro dell'università, "l'isteria è un male proprio della natura femminile. Fin dall'antichità, certi stati convulsivi che s'impossessavano delle giovinette furono ricondotti alla particolare fisiologia della donna. In essa l'organo riproduttivo, che la terminologia scientifica della quale ci avvaliamo definisce "utero", predisposto da madre natura a ricevere il maschio e ad albergarne il seme da cui germoglierà il nascituro, ebbene, quest'organo vive di vita propria rispetto al resto dell'organismo. Già Aristotele riconobbe che l'utero agisce, con licenza parlando, come una sorta di piccolo animale rintanato nel corpo della donna. Quando una giovinetta raggiunge l'età da marito, l'animaletto viene scosso da spasmi e contrazioni frequenti. Se volessimo insistere nella metafora, si potrebbe dire che gli viene fame."

A quel punto Maspero smise di girovagare per la stanza e si fermò davanti ad Aspasia. Adottò un tono di voce più mite, come se volesse evitare alla paziente un ulteriore turbamento. "Voi, però, non dovete farvene una colpa. Durante la crisi, la donna è attraversata da forze oscure che la travolgono e, al tempo stesso, la giustificano. Si tratta di una forza che sommerge la sua volontà e della quale la sua persona spirituale è completamente incolpevole. Il corpo agisce come forza del tutto esteriore alla sua responsabilità morale."

Aspasia tentennava vistosamente il capo. Il dottor Maspero non potè fare a meno di rintracciare in quel rictus il segno inequivocabile di una nuova e imminente convulsione isterica. allora ammorbidì ulteriormente il tono della sua voce, e ammiccando bonario verso la contessa disse: " Tranquillizzatevi, signorina, vedrete che tutto si sistemerà presto. A quanto mi dicono, la vostra fame sarà presto saziata da giuste nozze. Anzi, colgo l'occasione per rivolgervi i miei migliori auguri".

Finalmente Aspasia sorrise. " Vi ringrazio, dottore, ma non mi stavo inquietando. Pensavo soltanto a quel che una volta mi disse la principessa di Belgiojoso." " E, di grazia, che cosa vi disse la nostra affascinante principessa?" s'informò Il dottore con sincera curiosità.

"Mi disse che io sono il mio corpo," rispose Aspasia alzandosi e congedandosi con un inchino."

Antonio Scurati, Una storia romantica, Mondolibri, Milano 2008.

mercoledì 23 luglio 2008

Più di una canzone, più di un inno, più di un terremoto, di più.

La notte si confonde con il mare
negli occhi la fatica dell'attesa
sognare via lontano un'altra vita
incontro all'orizzonte, al paradiso

L'antico forte appare tra le rocce
fantasma di un passato tormentato
memoria di catene mai spezzate
e di eterne schiavitù

Stringimi, lasciami Mama Africa, Africa
seguimi, chiamami Mama Africa, Africa

Donami la forza della lava
che ribolle nel tuo ventre violentato
perché possa riposare nel mio cuore
la rabbia che mi prende nel lasciarti andare via
che un giorno questa rabbia sia coraggio
sia radice e nuova linfa e resistenza
e maturi questa antica sofferenza
in rinata dignità

Stringimi, lasciami Mama Africa, Africa
Seguimi, chiamami Mama Africa, Africa

Modena City Ramblers

lunedì 21 luglio 2008

Bozzola. Avevo giurato di non rimetterci mano. Un giorno impareremo a usare le virgole.

Il pozzo della strega era quanto restava di un vecchio rudere. Prima di venire giù completamente era uno di quei luoghi capaci di innescare, nel tempo di uno sguardo, l'incanto sfrontato che fende le anime giovani. Lo fasciava per intero una magia combustibile, germogliata e fiorita con i rampicanti per un'infinità di stagioni attorno a centinaia di pietre e di anni affastellati, e di uomini e di storie. Reno ci arrivò con le caviglie massacrate dai baci delle ortiche ed un largo anticipo sulla mezzanotte pattuita. Acchiappò un refolo di passaggio e lo mandò giù con gusto: lassù l'aria era sempre molto più respirabile di quella che, salendo, si lasciava a valle. Tese l'orecchio al mezzo silenzio della notte d'altura, per abitudine, e perché gli gocciolò in testa la consapevolezza che quella era l'ultima volta. Sentì affiorare alla memoria la voce del vecchio Fubrio, seduto in veranda con la nonna, che raccontava per la milionesima volta la favola sulle migrazioni dei grilli ammutoliti. Dedicò a quel ricordo il suo miglior sorriso mesto, supponendo che il capo di filo di quel suo pensiero sull'aria fresca aveva da essere annodato in un luogo lontanissimo del passato. Da bambino si chiedeva spesso che forma potessero avere i pensieri, col tempo era arrivato alla conclusione che dovevano avere l'aspetto di fili, lunghi come pezzi di vita, con un capo legato ad uno scampolo di tempo e l'altro alla morte. Tutti i fili stanno nella testa e nella vita, e succede che si imbrogliano, si annodano, e qualche volta è pure utile pettinarli. Qualcuno è persino capace di usarli per tessere una storia, e non serve per questo un sarto abile, quel tanto che basta per attaccare bottoni. Insomma: una volta allacciato un filo te lo srotoli dietro per sempre, e così capita che quello qualche volta torni a fare capolino dalla matassa.Raccogliendo una pietra osservò, con un certo disturbo, che era grande e pesante quasi come la manaccia di suo padre. Pestò i tre colpi di rito sopra il masso ancora tiepido, si sa mai che a qualche serpente salta in testa la stravaganza di uscirsene a prendere l'aria fresca, pure lui. Attese ancora un po' prima di sedersi, gettò a terra il suo sacco e fu quel tonfo da panico a suggerirgli di guardare un po' intorno, tanto per accertarsi di essere solo. Perlustrò la zona con lo sguardo. A dirla tutta poi, aveva immaginato il momento molto più buio. Quella notte invece una luna curiosa spiava da vicino, col suo faccione lattescente che pareva spiaccicato contro l'atmosfera terrestre come, sul vetro di una finestra, il nasino di un bimbo che aspetta il bel tempo. La povera collina, così illuminata, sembrava la testa pallida di un vecchio in rotta per la calvizie. Un paio di mesi prima era stata divorata dalle fiamme appiccate da qualche criminale, e del gregge verde che l'aveva popolata per decenni non rimaneva che una schiera esanime di spoglie d'albero carbonizzate. Osservandola ebbe, come spesso gli capitava, la triste sensazione di appartenere ad una razza bislacca di bestie ottuse, sensazione che lo raggiungeva solitamente come una pedata sui denti, ma non quella notte. A schermarlo da tutte le pedate del mondo bastava l'idea che, di lì a poco, sarebbe saltato su un furgone meravigliosamente rumoreggiante, e addio. Oriente... Chissà... Oriente...Solo una parola calda e profumata, mistero di fiore chiuso, rosso negli occhi del toro, sabbia e lingue di fuoco in caduta libera da un cielo traboccante di bagliori. A pronunciarla sentiva una sfera d'aria fulgida e levigata vincergli le labbra, accarezzare la lingua e scivolare lungo il respiro fino a piombare sul fondo e rimbalzare su, trasformata in un gemito di euforia.

Parole che ora parlano di più

"Io capisco che esistono due tipi diversi di amore. C'è l'amore che dura per sempre. L'amore del matrimonio coi figli che crescono e si fanno la varicella e la scarlattina, con la vacanza al mare con la roulotte e il mutuo agevolato per la casa. E poi c'è l'amore che è una cosa di un attimo. E' come quando casca una stella cadente, che pure se sei uno scienziato che studia lo spazio pure tu esprimi il desiderio. Per quell'attimo che casca la stella, non ti metti a fare le teorie sulle stelle spaziali. Davanti a quella stella pensi al tuo desiderio come quando eri ragazzino. E io capisco che l'amore mio e di Marinella è proprio di questo tipo, l'amore di un attimo. Capisco che prima che Marinella smette di ridere io gli devo chiedere una cosa. Una soltanto in questo nostro amore che dura un secondo. Devo chiederlo prima che smette di ridere sennò l'amore mio sarà infranto per sempre, la stella cadente sarà già cascata.


Gli chiedo se "ti posso leccare? nuda... ti posso leccare?"

A. Celestini, La pecora nera, Einaudi, Torino 2006.

Vieni insieme a me stasera, Stella della Strada.

Guardami la notte intera, tienimi a bada.

E ascolta questa nota stonata, come batte nel cuore.

Senti Stella della Strada, questa musica, questo dolore.

Raccogli i bicchieri e i pensieri, e i vestiti sul pavimento,

raccogli l'amore di ieri e buttalo via nel vento.

È ghiaccio se lo tocchi da fuori ma è fuoco che scotta dentro,

è ghiaccio se lo tocchi da fuori ma è fuoco che brucia e non è ancora spento.

Vieni insieme a me stasera, dimentica il mio nome,

saremo i pezzi di una storia vera o di una canzone.

C'è una luna che sale ai tuoi piedi, Venere sta crescendo.

La 'Santabarbara' del tuo cuore, lentamente, sta esplodendo.

Raccogli le perle e la pioggia e l'innocenza del pavimento,

raccogline l'ultima goccia e buttala via nel tempo.

Francesco De Gregori

Dans l'eau de la claire fontaine

Elle se baignait toute nue

Une saute de vent soudaine

Jeta ses habits dans les nues

En détresse, elle me fit signe

Pour la vêtir, d'aller chercher

Des monceaux de feuilles de vigne

Fleurs de lis ou fleurs d'oranger

Avec des pétales de roses

Un bout de corsage lui fis

La belle n'était pas bien grosse

Une seule rose a suffi

Avec le pampre de la vigne

Un bout de cotillon lui fis

Mais la belle était si petite

Qu'une seule feuille a suffi

Elle me tendit ses bras, ses lèvres

Comme pour me remercier

Je les pris avec tant de fièvre

Qu'ell' fut toute déshabillée

Le jeu dut plaire à l'ingénue

Car, à la fontaine souvent

Ell' s'alla baigner toute nue

En priant Dieu qu'il fit du vent

Qu'il fit du vent...

Georges Brassens

Vorrei tanto tirare fuori da tutto questo casino mentale un post che abbia quantomeno uno straccio di senso compiuto.

C'ERA UNA VOLTA

Un simpatico figuro con una discreta faccina di cazzo
che si avvicinò alla sottoscritta un dì
in un noto angolo ricreativo di questa nostra ambigua cittadina
che amo nonostante sia una trappola per giovani topolini
e gira che ti rigira prima o poi incontri lo stesso musetto peloso
che avresti preferito evitare di incrociare per valide ragioni.
Il simpatico personaggio avvertì come...
...non so, un moto di insoddisfazione, forse...
nel vedere il bersaglio più amato dei suoi trascorsi birichini
sorridere felice e contare in pace le bollicine nella sua bionda.
Si avvicinò allora sorridente al sottoscritto zimbello
e senza troppi complimenti e senza perdere tempo in convenevoli
svelò l'effettivo scopo della sua (repellente) idea di comunicare verbalmente
ovvero
fare discorsi imbecilli sull'inutilità di questo
Mio Sacrosanto Spazio Di Scrittura
nonché imbrodare il
Suo (Sacrosanto Pure Quello, E Ci Mancherebbe)
di un lungo e direi anche
austero, o meglio
ridicolo, o meglio
grottesco
elogio a proposito della sua utilità sociale.
E senza dilungarmi a ciò commentare
vissero per sempre nemici e contenti.

martedì 24 giugno 2008

soffi

ah, insomma. Si dice che i miei compiti in questa vita abbiano a che fare con la ricerca del contenuto, della verità delle cose, della materia del mondo. Si dice anche che dovrei imparare il senso del gruppo, imparare a gestire la presenza che sono per gli altri e prendere bene le misure per le distanze. Buono a sapersi.

Mentre mi addormentavo, ieri notte, ho provato una sensazione strana, poi mi ha raggiunta un'immagine molto piacevole. Pensavo a lui come si pensa ad un qualunque amore. Mi ha seguito di passo felpato nel dormiveglia ed il pensiero è diventato corpo. Un peso sulla pelle, una pressione sempre più forte, sempre più dolce. La sua figura negli occhi, mi sono sentita sabbia. Sabbia che incontra il mare, sotto il peso del suo corpo, e si consuma e lentamente accoglie e avvolge ad ogni nuovo infrangersi di onda. L'ho visto disteso sulla riva al tramonto e fuggivo e tornavo in miliardi di granelli portati dall'acqua, modellando dentro di me la sua sagoma.

giovedì 12 giugno 2008

Ma a cosa stavo pensando?

Ho ritrovato seppellito in una cartella questo frammento di non so cosa.
Ricordo di averlo scritto forse più di un anno fa ma non riesco proprio a capire cosa mi passava nella testa, che volevo dire. Mi fa tanto ridere questo fatto, è strano. Ma è anche una doccia fredda. E' una benedizione. Come se leggessi qualcosa di mio con gli occhi di qualcun altro. Illuminante. Non ci si capisce niente se scrivo così. Ora lo so. Fantastico.
Eccolo...

Bosco Mi ritiro, non partecipo più.
ricordati i pochi occhi del desiderio
Suadente invisibile imposto solo come sollievo
Al Vuoto di vino e di nulla antico come le stelle
Dentro manuali senza perché
Giurami di sciogliere la maledizione
Lega il volere di chi non deve
Piegare le spalle e tendere le mani
Al caso, ai figli, alla povertà.
Recupera la forza che scivola nel vuoto bianco
Sotto il cielo dell’aquario
Sopra il freddo della fama
Giurami di conservare dentro il calore delle tue mani
Un posto come quello che ti costruisco nel grembo
Attento a non calpestare l’infinito che parla.
L’unica cosa che si muoveva.
Erano gli sguardi di chi si fermava.
Hai un maestro bambino
E se glielo chiedi
Ti risponderà
Che avevano gli occhi così tra cento anni.

Del valore della dolcezza.



Mi sento in trappola nella mia testa
come un topo. Mi fa paura.
Scivolo lungo i bordi.
E' tutto viscido.
Io sono viscida.
Sento le mie migliori qualità asservite alla parte più subdola
e schifosa del mio essere.
Ad un gusto macabro.
Mi fa male stare sola, mi fa male pensare.
Io non ce la faccio, è più forte di me.
Ma perché è così? Ho paura.
Ma una paura che così non l'avevo mai provata, mai.
Sento sulle mie spalle mani potenti.
Le sento.
Ci stanno.
E una voce nell'orecchio
stronza che mi detta cose stronze, ma veramente stronze
da fare da dire da pensare e da scrivere.
Ma io ce l'ho un angelo vicino? Ma dove sei?
No, non è così. E' peggio. Non sono una vittima.
Conosco mille vie di uscita e non ci passo.
Non ci passo e basta. E' la mia volontà.
Bene. Sono io che lo voglio. Benissimo.
Niente di peggio, davvero.
E più prendo calci in culo che mi spingono
e più non ci passo. E penso di essere da buttare.
Con tante potenzialità ma sostanzialmente votata all'ottusità
di non ammettere che non posso lamentarmi di niente.
Che ho i mezzi per fare tutto quanto di buono mi passa per la testa
per fare bene a me e agli altri.
E lo penso io ma guai se me lo dice qualcun altro.
Guai a me se arriva a farmelo intuire. Perché mi fa male.
E divento bastarda. Dentro nel profondo.
Sono capace di amare e odiare insieme.
E' mi ribolle dentro in una mistura
e morirei piuttosto che darla a bere agli interessati.


Eppure c'è la dolcezza profonda di certe persone.
Quella mi fa piangere dentro, quella mi fa rinsavire.
La loro verità le fa dolci anche nella rabbia, nella furia, nello sconforto.
E' bellissima, mi annienta. E mi annienta nel mio essere un pallone gonfiato.
E mi sento insignificante e viva. La carezza di un gigante buono.
Se si potesse curare il male con la dolcezza...
Io ci provo se mi capita. Qualcuno in giro lo sa e ne sono felice.
Con qualcuno so essere dolce, con qualcuno addirittura serena.
Mi stacco dal mio modo di fare e provo a dare comprensione
e tenerezza senza biasimo a chi la chiede fosse anche un assassino
sperando (e certo, scagli la prima pietra chi da senza ricevere.)
che mettendola in circolo prima o poi mi ritorni
e magari si può curare l'anima con le buone maniere.
Anche quella degli stronzi, dei muli per natura
non solo quella dei poveri passerotti feriti dal destino.
E magari è solo un'utopia e ci vogliono davvero bastone e carota.

Ecco che sale alla gola, anche un po' a sproposito, qualcosa,
e giusto o sbagliato che sia, mi sa di vero:
l'unica cosa che mi fa una paura e una rabbia fottuta
è che si tolga dignità alle emozioni, quali che siano.
Dite merda al male e pace al bene
ma non levate a quello che le persone provano
un granello del valore che ha ai miei occhi
che non è valore etico, no, non è valore per qualche motivo
è valore perché è un'emozione o un sentimento, e basta.
E non sopporto di vederlo disdegnato.
E questo è la mia croce e la mia forza.
Da un lato mi porta a giustificare l'ingiustificabile
a dare dignità al ripugnante, pur nel disgusto totale
e questo non mi piace
dall'altro mi rende difficile condannare, senza stare a pensare
se una cosa è perdonabile o meno, se mi ha fatto male poco o tanto
e questo mi piace. Nel bene e nel male.
Nel bene e nel male perché le condanne possono distruggere, ma anche costruire.

Ci sono persone che amo, che ho imparato ad amare, nel bene e nel male.
Forse qualcuno nel bene e nel male imparerà ad amare me.
Deve esserci un angelo per me, c'è per tutti.
Bene, io mi rimetto a lui.
E lascio che a portare una ventata d'arte in questo post
ci pensi uno che lo sa fare, un maghetto della parola
e con un brano da uno dei miei libri preferiti
sigillo tutti questi miei sospiri notturni
esprimo il desiderio di incontrare clemenza e dolcezza
e di guardare negli occhi l'affetto che prescinde dal giudizio
e me ne vado a nanna.

"Così Elisewin scese verso il mare nel modo più dolce del mondo - solo la mente di un padre poteva immaginarlo - portata dalla corrente, lungo la danza fatta di curve, pause ed esitazioni che il fiume aveva imparato in secoli di viaggi, lui, il grande saggio, l'unico a sapere la strada più bella e dolce e mite per arrivare al mare senza farsi del male.
Scesero giù, con quella lentezza decisa al millimetro dalla sapienza materna della natura, infilandosi a poco a poco in un mondo di odori di cose di colori che giorno dopo giorno svelava, lentissimamente, la presenza lontana, e poi sempre più vicina, dell'enorme grembo che li aspettava. Cambiava l'aria, cambiavano le aurore, e i cieli, e le forme delle case, e gli uccelli, e i rumori, e le facce della gente, sulla riva, e le parole della gente, sulle loro bocche.Acqua che scivolava verso l'acqua, corteggiamento delicatissimo, le anse del fiume come una cantilena dell'aníma. Un viaggio impercettibile. Nella mente di Elisewin, sensazioni a migliaia, ma leggere come piume in volo.
Ancora adesso, nelle terre di Carewall, tutti raccontano quel viaggio. Ognuno a modo suo. Tutti senza averlo mai visto. Ma non importa. Non smetteranno mai di raccontarlo. Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno - un padre, un amore, qualcuno - capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume - immaginarlo, inventarlo - e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio.Questo, davvero, sarebbe meraviglioso. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente, umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno - un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare. Strada clemente, e bella. Una strada da qui al mare."

Alessandro Baricco, Oceano Mare.

martedì 10 giugno 2008

Finestra buongiorno

Brusio mattutino.
E' silenzio, ma non proprio.
E non spaventa. Cotone.
Sento che lavora intorno alla mia testa
mani delicate garza odori bianchi
gira gira gira e avvolge
e mi fa sorda come un ferito
nella quiete di fine battaglia.

Mi ricorda un risveglio clandestino
c'era il sole che oggi manca dentro il cielo
e dentro di me.
E si piegava il sole, a carezzare le pietre giovani
a consolare il prato ed i suoi occhi
grandi, bagnati
di pianto notturno, colmati
di lacrime immobili.

Sì.
"Sole ai gigli
ed ai papaveri
sole ai ricchi
sole ai poveri."
Sì.

Guardavo quelle lacrime immobili e pensavo che forse
non è così difficile che un cammello passi per la cruna di un ago
considerando che in una goccia di rugiada
ci sta una arcobaleno intero.

E il verde ondeggia al vento come sotto i passi di un gigante
e s'infrange sui muretti e fa schiuma di muschio
e assolve il cemento dal peccato del nostro grigio.

lunedì 9 giugno 2008

Panico Notturno (Prima o poi tutti i nodi...)

Quel respiro.
Merda. E’ tornata.
L’interruttore
Mela!
Shht calma. E’ un brutto sogno.
Betty è morta Betty è andata via Betty non c’è più.
L’interruttore
adesso lo trovo sì
dio ma dove sono
questo non è il mio letto
respira respira con la pancia
gonfia il palloncino
un palloncino bianco, bello
Ma in che stanza mi sono addormentata?
Avevo lasciato la lucina accesa
dove sono dove sono non trovo niente
dentro l’aria fuori l’aria dentro fuori dentro
adesso svengo.
No adesso trovo l’interrutttore
e faccio luce tanta luce luce da tutte le parti e
betty è solo un pensiero
lontano lontano
l’interruttore
DOVE CAZZO…
MELA!

L’INTERRUTTORE SCATTA A VUOTO.
E’ stata lei. E’ stata lei.
MELA!
Non riesco a pensare
Non penso
Non penso
Non penso
Silenzio
Quel respiro
no non è possibile non è vero
Mela ti prego Mela Mela Mela Mela dio aiutami Mela ti prego
Quella risata…

non è un brutto sogno.
Mela aiutami aiutami.
Mela dove cazzo stai??
Mela ti supplico

BETTY
No No No No
Lacrime
Mela la luce! Mela Cristo!
Dio quanto è brutta
Sto per vomitare.
E’ tornata più orrenda di prima
Ma perché la vedo
è buio perché la vedo?!

MELA
amore mio
finalmente
stavo per morire lo sai che stavo per morire lo sai?


Sht.
Vieni qui.
Non piangere.
Betty, sei tornata, non ti aspettavo.
E dimmi, di grazia, da che fogna sei riemersa?


Levati di mezzo prima che ti ammazzo levati
mi spetta un posto in quel corpo e lo avrò


Sai, riguardo alla nostra convivenza…
sai bene come sono fatta.
Tu lo sai che ti lascerei stare qui con me. Hai tanti lati positivi.
La questione è… chi mi garantisce
che non mi metti la testa in un sacchetto di plastica
non appena ti volto le spalle? Betty, come faccio
a dormire tranquilla con te in circolazione?


Dio che guaio.
Forza Mela ti prego non mi lasciare.
Dobbiamo sfinirla questa maledetta
spremerla come un limone e poi assorbirla
visto che a mandarla via si ripresenta.


Si potrebbe trattare… il cuore per il cervello.
O il cadavere.


Betty non farmi arrivare a tanto
Perché fai questo
Tu sai fare un sacco di cose
di cose belle
perché questo veleno?


Smancerie. Fatti avanti.

Si combatte?

Ha già perso.


Parla Betty. Grida, grida ancora.
Fracassa quello che vuoi, piangi.
Prima o poi annegherai nel tuo fango.
Verrò per assorbirti e ti consegnerai a me
senza condizioni senza conseguenze
a parte una leggera mutazione di tono
da rosso a rosso livido.


Grazie

Mal di Giove(ntù).

E’ la tragedia dell’utile
sì insomma la malinconia
dell’uomo che appassisce del fiore che invecchia.
Si attorce su se stesso riarso di fecondità
e trapassa e intende allora più che mai
di aver vissuto solo per dare frutti.
Ma ci sono i fiori recisi
i giovani eroi.
Meglio, c’erano, ora…
Fiori mozzati. Giovani ammazzati. Altro discorso.
Tornando ai primi.
Un senso ce l’hanno? O ce l’avevano…
Al più un senso da mazzo di rose in un’anfora
Sette fiori all’acqua.
Fanno raggiante una donna presa d'amore
si spengono frastornati
troppo bere e niente mangiare.
Ogni petalo che cede una stilla di incanto sterile
fiori che non danno fiori, che non danno frutti.
Fascino. Fascino. Fascino.
E’ una trappola questo richiamo.
Il male nella sua veste più lucente
o il bene nella sua più amara?
Bellezza vacua. Altissima.
Amalgama irreale onirica romantica
un sentimento solo.
Dignità meraviglia sconfitta commozione strazio.
E quel vigore brusco
la potenza incoercibile della freschezza
il gioco del frutto acerbo
ti strazia di profumo fino a farsi cogliere
solo per il gusto di pungere
di ferire al primo morso e
sentirsi scaraventare ripudiato.

sabato 7 giugno 2008

Allafacciatua.

Lussuria peccato e purificazione!
E i baci di ruscello?
E i nidi di passione?
La corsa, per gioco
l’odore della pelle
i bagni di fuoco
di vino e di stelle
…lo sguardo tremante…
…lo spasmo rovente…
…e invece tu niente
di niente di niente
Giacinto Disincanto
Giacinto Semprorante
che ti perdi, santo!
fesso di un penitente.

mercoledì 4 giugno 2008

romanticherie

La porta più ampia l’uscita della grazia
mi addentro nel folto delle selve nere
sui sentieri languidi l’anima spazia
si nutre di ceppi e riposa con le fiere
se il suolo digrada mi rimetto all’inerzia
un passo di danza e rifuggo il riflettore
le mani nel torbido spasimo e scavo
il volto fasciato di mota e terrore
smotto, scandaglio, rovisto e ritrovo
un fermento di vita di rabbia o d’amore

martedì 3 giugno 2008

Scarica!

Ricorderete o forse no,
c’è una grata in fondo a quella via
a chiudere una cella seminterrata.
Guardate dentro quando passerete di lì.
Perché ci passerete, di lì.

Notte.

Pulsazione
insettino ad alta tensione
piccola piccola irrequieta, quasi impercettibile
Pulsazione
perturbatrice di poche parole
si riesuma dal sonno sisma
sbarra gli occhi: buio d’utero
fondo d’abisso…

Pulsazione sbarra gli occhietti
microscopici, lucenti
pesciolino elettrico
pesciolino fulminato
pesciolino sfolgorante
pesciolino incandescente
sbarra gli occhietti
neri, cattivi
e li fa roteare tutto intorno
come lenti
lenti come
elastico che si allunga
molla che si tende
minaccia che si consuma
miccia che brucia
e poi colpo di coda
rincorsa
ingrana e parte
giro di ronda
stomaco bronchi polmoni vene
cervello cuore gola spalle collo
si ferma di schianto dentro la fronte
scivola nei capillari s’infiltra negli occhi


Mattino.
Striatura di sale
sulle guance
striatura di ombra di sbarre
di cella seminterrata

guardate dentro quando passerete di qui.
Perché voi ci passerete, di qui.

memoria

Alcuni combattono contro l’impeto del fiotto, appesi,
uno stridore di unghie contro le rocce del torrente e la corrente
trascina e strappa, via.
Si impiccherebbero ai rami pur di arrestare la corsa,
alla fine invece cessano di tenere
e si rimettono, docili, ai flutti
lasciano che tutto scorra via,
lontano dal pensiero fino alla foce.
Altri ristagnano, dormono e si trastullano
nel fetore del bitume che risucchia e cancella,
giusto per l’istante di una vita
e cullati dal pantano lasciano
una scia immonda sulle foglie del tempo
bava di lumaca da finire rinsecchita al vento.

Cosa mai fare della memoria?
Mi ricorda…
Giù alla centrale amministrativa
fino a qualche anno fa
c’erano degli archivi enormi
adesso quei palazzoni sono animati
di cervelli elettronici
sinistri e vivi
giganti di cemento che ingurgitano file
in quantità tale che non si capisce più
cosa va conservato e cosa buttato via.

Violenza

Smania
dal fosso scarlatto
vischioso dei visceri

mozzarti zazzera e gozzo
fare futili foglietti pazzi
delle tue pallide fiacchezze
tutta la notte
sottili
sottili

essere repellente
creatura astratta accalappiata nel corpo
che stupri questo territorio tattile
se non fossi nel tuo stesso lazzaretto
ti strangolerei di compassione

sussurro
assassino…
ssssssht!
non posso…
passo basso sotto il sasso
assopito
in un sogno ossessivo di

possesso.

Frattura di ossa craniche
croccante sbriciolarsi
frana pietrosa
caterva di macerie
bruscoli di terra che si frantuma
frammenti di barriera che si disintegra

non avere paura Betty
non avere paura B- E- T- T-YYY…

è tutto finito
a che serve piagnucolare
esci betty
a guardare come è tutto finito
a guardare come sta tramontando
joker betty
jolly betty
join me … betty!

Hai visto piccola piccola
non ti farai mai vizza e cadente
è una danza convulsa il tuo terrore
inebriante tumulto e nelle mie mani
ipnotico e pulsante il potere.

venerdì 30 maggio 2008

Un genio...


Stances à un cambrioleur
Georges Brassens 1972


Prince des monte-en-l'air et de la cambriole
Toi qui eus le bon goût de choisir ma maison
Cependant que je colportais mes gaudrioles
En ton honneur j'ai composé cette chanson
Sache que j'apprécie à sa valeur le geste
Qui te fit bien fermer la porte en repartant
De peur que des rôdeurs n'emportassent le reste
Des voleurs comme il faut c'est rare de ce temps
Tu ne m'as dérobé que le stricte nécessaire
Délaissant dédaigneux l'exécrable portrait
Que l'on m'avait offert à mon anniversaire
Quel bon critique d'art mon salaud tu ferais
Autre signe indiquant toute absence de tare
Respectueux du brave travailleur tu n'as
Pas cru décent de me priver de ma guitare
Solidarité sainte de l'artisanat
Pour toutes ces raisons vois-tu, je te pardonne
Sans arrière-pensée après mûr examen
Ce que tu m'as volé, mon vieux, je te le donne
Ça pouvait pas tomber en de meilleures mains
D'ailleurs moi qui te parle, avec mes chansonnettes
Si je n'avais pas dû rencontrer le succès
J'aurais tout comme toi, pu virer malhonnête
Je serais devenu ton complice, qui sait
En vendant ton butin, prends garde au marchandage
Ne vas pas tout lâcher en solde au receleurs
Tiens leur la dragée haute en évoquant l'adage
Qui dit que ces gens-là sont pis que les voleurs
Fort de ce que je n'ai pas sonné les gendarmes
Ne te crois pas du tout tenu de revenir
Ta moindre récidive abolirait le charme
Laisse-moi je t'en prie, sur un bon souvenir

Monte-en-l'air, mon ami, que mon bien te profit
Que Mercure te préserve de la prison
Et pas trop de remords, d'ailleurs nous sommes quittes
Apres tout ne te dois-je pas une chanson
Post-Scriptum, si le vol est l'art que tu préfères
Ta seule vocation, ton unique talent
Prends donc pignon sur rue, mets-toi dans les affaires
Et tu auras les flics même comme chalands

martedì 29 aprile 2008

Post da giardinaggio primaverile ( o "per non far crescere le erbacce in un blog")

“Capocchiù, tanto che è successo per di fatti veri che è scritto pari! Come che le mattine utte, da quaranta anni, mi ripiazzo fatto e verticale ai diciantordici delle luci ancora da venire per venire a le pietre di porto a caricar di pesci li bandoni e le sesécchiere.
Capocchiù tu devi mi prestar l’orecchide e mi credi poi didopo col cirvello, didopo che io t’ha srotolata da principio a morto questa, che di strana ce ne ha parecchia. Issoi pure preparato che per te lo promettere giuratissimo per vero, dirimpampetto alla madonnola, bellina dolce tutti i giorni mei e toi, Capocchiù.”

Lentezza e curvilinee continue di girotondi e volteggi
Il tempo che serviva, c’era
Il tempo di contare per nome ad una ad una le stelle
Il tempo di scordare
il tempo che passa
per tutto il tempo che resta

Sembravano di avorio e sembravano di piuma
Sembravano di vetro e sembravano di aria
Sembravano di fiamma di spirito santo
Sembravano di cenere di fuoco di paglia
Sembravano radici secche
quando se le porta a spasso il vento
e la pioggia rintocca a morto
e il fiume le seppellisce
sotto un corteo
di pietre
commosse come le pietre.
Lenti, senza ritmo, senza un ritmo da misurare al tempo di questo mondo.
Il tempo che andavano cavalcando ha un altro nome
È quello dell’anima che si muove.
Qualche volta, stando attenti, si intravede qualche anima in viaggio.
Ma bisogna avere cento occhi, come con le stelle cadenti.


“Che se poi il sole che sta là va più veloce io, lo sai adesso, adesso non te lo saprei ridire Capocchiù. Quelli non usavano li passi per l’andare, usavano l’andare per li passi. Oppure non andavano. Leeenti leenti leeenti lenti che quasi fermi! Che quasi fermi ma non proprio, cioè due scimuniti fermi, che tu ti giri a mirarli alle sette e qualcosa, e poi lasci correre perché altro non son che due scemi nel medio dello slargo col mercato tutto intorno, alle... bo, otto e qualcaccosa ti rivolti e li riguardi e li avevano macinati i metri di sampietrini, anche pochi, ma per due che stanno fermi guarda guarda, che è mica male! E mirargli i musi Capocchiù, avrebbissate dovuto mirargli i musi! Dei risi, ma dei risi…come due colombelli innamoraterrimi, dei risi sui musi ma laaaarchi Capocchiù laaarchi, tuttidenti. E leeeenti di passi, e laaarchi di risi, ci han passato il giorno sano per traversar lo slargo! Dalle prime luci da venire alle ultime luci da andarsene, potrebbe la mia golaccia arrocata te lo promettere per vero giuratissimo dirimpampetto ala madonnola bellina dolce tutti i giorni mei e toi.”

Qualche volta i vecchi pescatori
O i capitani, con la barba bianca
Sul ponte da soli
Con la notte e il mare tutto intorno
Solo notte e mare
Da tutti i lati
Qualche volta loro ci riescono ad intravederle.
Le anime in viaggio, dico.
Ma è perché hanno due occhi
Che abbracciano la vastità
Perché hanno due occhi
scoloriti a forza di bere acquessalessole
E perché l’unico tempo che esiste, dentro quegli occhi
è il tempo che ci vuole per il buio.

martedì 8 aprile 2008

Epitaffi

Qualche epitaffio da wikiquote, ce ne sono di geniali.





-Giace qui da qualche parte. (Werner Heisenberg)

-Amici non piangete, è soltanto sonno arretrato. (Walter Chiari)

-Si prega l'angelo trombettiere di suonare forte: il defunto è duro di orecchie. (Georges Bernanos)
-Non curante, ma non indifferente. (Man Ray)

-Ho finito di instupidire (Paul Erdos)

-"Capo scout del mondo" e sotto il simbolo di pista "torno a casa", un cerchio con un punto al centro. (Robert Baden-Powell, Nyeri in Kenya)

-L'amore ci farà a pezzi. (Ian Curtis) (Immagine)
-Love will tear us apart.

-Un quarto d'ora prima di morire, era ancora in vita. Epitaffio attribuito a (Jacques de La Palice)
-Un quart d'heure avant sa mort, il était encore en vie.

-Non fu mai impallato. (Vittorio Gassman)

-Hodie mihi, cras tibi. ("Oggi a me, domani a te", tomba a Castellammare di Stabia)

-Sono morto tante volte, ma così mai. (Tomba di un attore etrusco)

-Ed ora che mia suocera qui giace, lei non lo so, ma io riposo in pace. (iscrizione funeraria a Tarquinia)

mercoledì 19 marzo 2008

Frammenti di mai postato

Cuore come
vento che svolta angoli
di marciapiedi
a srotolare
sorpresa
le ruote maestose di una gonna
per l'estasi del pellegrino
che riposa.
..........................................................................
Lampo da occhi stremati
Sono piccole paia
di piedi
di fata
e la trappola di una rete da pesca
primavera precoce
soffocata nel dogma
un’eternità costante
di brutalità
di dolore

Torneranno un giorno a volteggiare
tra gli zampilli delle antiche fontane
fresco di pietra
sollievo di giada

giovedì 13 marzo 2008

Fiori insonni

Ogni tanto qualcuno si ricorda di mostrarmi un lato della primavera che tendo a dimenticare.
A primavera l’orrore della vita continua
nell’anestesia fiorita dei nostri sensi.
Nei giorni di sole la morte sembra più lontana, mentre si avvicina come in ogni altro giorno
di questa vita.
Camminiamo con la testa bassa e lei ci viene incontro. Guardiamo le crepe del sentiero e ci tappiamo le orecchie al suono dei suoi passi, dimentichi del fatto che non è l’unico rumore capace di rapirci.
Basta alzare gli occhi ed avere il coraggio di piantarli dritti in quelli di lei.
E’ bella della stessa bellezza dei tramonti di questa terra.
La nostra repulsione la rende furiosa, nella nostra sana considerazione, invece, sorride.
Cara presenza! che cammini al ritmo del mio stesso passo
e sembri beffarti della nostra paura,
grande e saggia avvolta nello stesso mistero
che protegge i fiori ancora da sbocciare.
Ci vediamo nel punto dove c’è la porta specchio.
Starò attenta a non ingannarmi, potrebbe sembrare una prosecuzione del sentiero.
Starò attenta a non ingannarmi, stai attenta anche tu
Se sapremo arrestarci anche solo un attimo
per guardarci finalmente, guardarci da vicino con gli occhi negli occhi ed il respiro nel respiro
non sarà una pietosa collisione, non sarà dolore,
sarà un abbraccio.

sabato 23 febbraio 2008

Paura del buio

Qualcosa cambia dentro di me. Qualcuno nasce, qualcun altro muore.
Non so dire esattamente cosa sta succedendo. Non mi sento più sola, è come se potessi parlare con la mia vita, con la mia anima, come se tutto quello che esiste dentro e fuori di me avesse un comune denominatore.
C'è un qualcosa di bello che mi sembra da un po' di vedere da tutte le parti.
Sarà perché mi sento così ottimista ed in pace con tutto di questo periodo, ho deciso di fare un'esperimento.
L'altra sera ho spento la luce ed ho aperto gli occhi.
E' stato come imparare ad andare in bicicletta, sui trampoli... come imparare a camminare.
La volontà diventa più forte del terrore quando si sogna qualcosa.
Pensavo al buio. Pensavo che l'unica cosa che il buio è capace di creare sono i pensieri e le paure delle persone. Eppure non è così. C'è qualcosa di grande nel buio, qualcosa di immenso. Ho avuto paura appena aperti gli occhi, ho tentato di resistere. Ho allontanato le mie fantasie più immature e banali. La paura è passata. Ho guardato , di solito dopo poco mi sento come murata viva quando sono al buio. Mi sono detta: fino a che quella sensazione non si presenta non ho motivo di soffrire. Se si presenta ho l'interruttore vicino. E se la mia mano non si alzasse? Che succederebbe? Il buio non soffoca le persone. I pensieri soffocano le persone. Il buio non uccide, la paura sì. Non ho avuto paura mentre pensavo, tenevo gli occhi aperti. Poi ho pensato: perché bendata o con gli occhi chiusi non vedo il buio? Perché se fuori è giorno e sono in una stanza buia soffro meno e se fuori è buio o non so se è buio o no soffro di più? Tutto nella mia testa, non pensare a niente, pensa al respiro. E mentre pensavo di dover pensare al respiro è arrivata la sensazione che mi ha fatto cercare il muro. Non stavo pensando al respiro, stavo ancora pensando alla differenza che c'è se fuori è buio oppure no. In quel momento era buio. Ho pensato ai campi coltivati vicino casa mia, avvolti in una tenebra che solo la fantasia poteva creare, niente lampioni, niente di niente. Non mi sono sentita soffocare stavolta, mi sono sentita in mezzo al nulla. In bilico sul vuoto. Ho cercato il muro con la schiena come quella sera che scattò la valvola e passai ore ed ore al telefono con un'amica, pietrificata con la schiena attaccata alla parete, un terrore folle, non riuscivo a muovermi. Ho cercato il muro e poi l'interruttore. Ho acceso mi sono calmata ed ho spento ancora, dopo qualche minuto.
Ho cercato di considerare solo il buio della stanza, ho immaginato tutte le cose al loro posto.
Poi ho immaginato che un minimo fascio luminoso avrebbe potuto dimostrare ben altro, qualcosa come un mondo stravolto. Ho riacceso e non ho spento più. Il buio mi sembra una cosa viva. Viva e grande, il buio ha un'anima come tutto il resto. E allora perché mi fa così paura? L'anima che sta dentro tutte le cose non genera mai sensazioni spiacevoli. Al buio è come se vedessi l'altra faccia di una stessa anima. Il buio fa scomparire tutto e al posto della realtà così come la vediamo, rassicurante e costante, mette la fantasia. Carta bianca ( o forse dovrei dire carta nera) all'immaginazione. E noi creiamo spesso cose orribili nel buio. E' di me, non del buio, che devo avere paura. Della mia testa. Potrei scegliere di creare cose belle. Per un periodo ci sono riuscita, tra i 13 ed i 14 anni. Stavo tranquilla al buio.
Ultimamente sento una forza incredibile da tutte le parti, mi fido, ci credo. Non so spiegarmi, mi sento al sicuro in questo mondo sebbene tutto tenti di dimostrarmi che le cose non stanno così. Ogni giorno registro un appunto, come fosse un pezzetto di anima. Combatto contro quello che adesso ritengo sbagliato, fuori e dentro di me, soprattutto dentro di me. Uso tutte le armi che riesco a padroneggiare per diffondere qualcosa che sento che mi sta entrando dentro, ancora non capisco che cosa. Quello che voglio è essere viva in mezzo a gente viva. Non sono ancora riuscita a vincere il buio, ma ce la farò. E la cosa più bella sarà provarci. L'altra cosa che odio è il filtro tra me e gli altri. Un meccanismo complicatissimo che cerco di smontare a pezzetti giorno per giorno. Meglio essere come un vetro. Che tutti vedano il bello ed il brutto dentro di me, che possano amarmi per il bello oppure odiarmi per il brutto, ma non ignorarmi perché per colpa di un sistema di filtraggio si vede tutto grigio.

giovedì 7 febbraio 2008

Chiudo gli occhi e guardo

"Un guerriero della luce crede nel principale insegnamento dell' I Ching: "La perseveranza è favorevole".
Egli sa che la perseveranza non ha niente a che vedere con l'insistenza. Ci sono periodi in cui i combattimenti si prolungano oltre il necessario, esaurendo le forze e indebolendo l'entusiasmo.
In quei momenti il guerriero riflette: "Una guerra che si prolunga finisce per distruggere anche il vincitore."
Allora ritira le proprie forze dal campo di battaglia, e si concede una tregua. Persevera nella volontà, ma sa aspettare il momento migliore per un nuovo attacco.
Un guerriero torna sempre a lottare. Non lo fa mai per caparbietà, ma perché nota il cambiamento nel tempo."



" I guerrieri della luce hanno sempre un bagliore nello sguardo.
Essi vivono nel mondo, fanno parte della vita di altri uomini, e hanno iniziato il loro viaggio senza bisaccia e senza sandali. In molte occasioni sono codardi. Non sempre agiscono correttamente.
Soffrono per cose inutili, assumono atteggiamenti meschini, a volte si ritengono incapaci di crescere. Sovente si credono indegni di qualsiasi benedizione o miracolo.
Non sempre sono sicuri di ciò che stanno facendo. Molte volte trascorrono la notte in bianco, pensando che la loro vita non ha nessun significato.
Per questo sono guerrieri della luce.
Perché sbagliano.
Perché si interrogano.
Perché cercano una ragione: e certamente la troveranno."



"A volte il guerriero della luce si comporta come l'acqua, e fluisce fra gli ostacoli che incontra.
In certi momenti, resistere significa venire distrutto. Allora egli si adatta alle circostanze. Accetta, senza lagnarsi, che le pietre del cammino traccino la sua rotta verso le montagne.
In questo consiste la forza dell'acqua: non potrà mai essere spezzata da un martello, o ferita da un coltello. La più potente spada del mondo non potrà mai lasciare alcuna cicatrice sulla sua superficie.
L'acqua di un fiume si adatta al cammino possibile, senza dimenticare il proprio obiettivo: il mare. Fragile alla sorgente, a poco a poco acquista la forza degli altri fiumi che incontra.
E, a partire da un certo momento, il suo potere è totale."




"Il guerriero della luce conosce il valore della perseveranza e del coraggio.
Molte volte, durante il combattimento, egli riceve dei colpi che non si aspettava. E capisce che, nel corso della guerra, il nemico vincerà qualche battaglia. Quando ciò accade, piange le sue pene e riposa per recuperare le forze. Ma ritorna immediatamente a lottare per i suoi sogni.
Perché, quanto più tempo se ne manterrà lontano, tanto maggiori saranno le probabilità di sentirsi debole, spaventato, timoroso. Quando un cavaliere cade da cavallo e non risale in groppa nel volgere di un minuto, non avrà mai più il coraggio di montare."

Paulo Coelho
Manuale del Guerriero della Luce

mercoledì 6 febbraio 2008

buchi
buchi neri
buchi nell'acqua
buchi
vuoti
vuoti di senso
vuoti di stomaco
vuoti di memoria
vuoti.

Non ho voglia.

Non ho voglia di muovermi.
Non ho voglia di imparare.
Non ho voglia di leggere.
Ho voglia di mangiare.
Di dormire, ma tanto dormo male.
Sto incantata. In trance. Alzo le spalle. Alzo le mani.
Possibile che basti così poco a riportarmi...a quello che ero?
Al niente. Il niente per anni.
Il niente prima o poi ritorna, senza un motivo apparente.
Ci riprova, ti cancella dal corpo e dalla mente gli sforzi fatti e li rende privi di senso.
Ti leva la voglia di reagire. Di sognare ti leva la voglia. E se vivi di sogni?
Di fare tutto. Il niente ti leva i desideri, ti succhia tutto.
La fatica.
Perché non ce la faccio a reagire questa volta?
Dove è finito il senso del mio vivere?
Sento l'eco. Ma solo l'eco.
"Ce la posso fare ce la faccio ce la sto per fare" dice l'eco.
A fare che? Che?
Per chi? Per cosa? Per te? Chi sei tu?
Chi sono io? Vediamo...
Vertigine.
Se mi guardo dentro vedo niente.
Vedo vuoto.
Se mi guardo fuori vedo qualcosa.
Un pacco vuoto, vuoto come un cesso.
La sostanza...
Come l'immagine riflessa in uno specchio. Senza anima. Come se si fosse riempita fino a neutralizzarsi. Si è autodistrutta. Me la sono persa. Nemmeno soffro. Non sento nulla. Parole vuote di senso. Il silenzio dopo un'esplosione. Nero e silenzio, attendo di diventare polvere.

No
no non è vero!
Andrà tutto bene, vedrai.
E' solo un momento.
Domani piangerai, riderai.
Sei solo giovane, a questo mondo, di questo periodo.
E' normale il nulla, lo sentono tutti il nulla.
Ognuno reagisce come può.
Andrà tutto bene, vieni qui. Consolati. Non è tutto finto, è poco ma non è perso, non disperare.
Guarda...guarda quanti bei ricordi.
Gaurda quanti anni hai davanti, quante strade.
Qualcuno ha bisogno di te. Qualcuno conta su di te.
Lo so che la vita pesa.
Non fare così, è solo una brutta botta, adesso si sistema tutto, piano piano.
Un bernoccolo, niente di più.
Alzati e cammina! Alzati da quel letto! Chi dorme non piglia pesci!
Cavati da quel fosso e ricomincia da dove ti eri fermata.

Una parola. In fondo sto comoda. Stesa. Perché crearsi un problema.
Non c'è bisogno di me. Nessuno ha bisogno di me. Non faccio nulla di indispensabile nella mia vita, anzi. Forse è anche meglio...un po' fuori dalle palle...
Perché spostarsi? Guarda, divento invisibile. Guarda come sono brava. Posso scomparire, puff, smetto di respirare. Non se ne accorge nessuno. Che senso ha tutto questo muovere il cervello?
che giorno è? che mese che anno...che differenza fa? Polvere siamo, polvere torneremo. Che vuoi che ci sia di grande.


Piantala adesso mi fai incazzare.
Guarda come sono bella incazzata!
Si possono fare un sacco di cose da incazzati.
Sei patetica, come cosa c'è di grande?
Ma dai che lo vedi ancora l'orizzonte. Alza lo sguardo, è ancora là.
Non smettere di credere. Lo so che lo vedi ancora.
Chi vuoi prendere in giro?
I sogni scorrono nel tuo sangue ogni minuto, non la pianteranno mai fino alla fine,
fosse domani o tra cent'anni.
Stai perdendo tempo, è un sacco che perdi tempo.
Far andare le gambine! Hai voluto la bicicletta?
Puoi mica aspettare che si pedali da sola.
Hai già aspettato troppo.
Riprendi, piano piano, rialzati.
Aspetta la tua nave e salta a bordo, occhi aperti, fissi all'orizzonte.
Non perderlo di vista un secondo ancora, non rischiare che svanisca.
La nebbia è tua nemica.
Qualche volta ti ritrovi in mezzo alla nebbia, allora getti l'ancora.
Getti l'ancora ed aspetti.
Non devi disperare però, la nebbia non dura in eterno.
Prima o poi torna il sereno e l'orizzonte si mostra
una spugna di sole, un trionfo di stelle!
Hai coperte di poesia ammuffite
in un baule nella stiva.
Ricordi? Ripescale.
Fuori dalla naftalina, ad asciugare sul ponte
come quando sventolavano in quell'agosto umido.
Bagnato di vapore, caldo e verde
un giardino tropicale.
La luna è ancora lì...guarda
è muta e ti osserva
una mamma indulgente.
Che espressione...come me la chiami?
Speranza da regalare.
...ma guarda che buffa...
ti è rimasto del prosciutto lì....parecchio prosciutto...no no, più in alto...lì..eeecco!
Va un po' meglio o no?
eh ridi didi
uff che fatica
sai, la sensazione che si prova quando un bebè
che piangeva a squarciagola da ore si fema
ti guarda sghignazza sdentato e ti dice... vai a dormire, coglione.

Anestesie musicali e polpette.

"Ttej ttej e cchi ene qué mo'?? Ma mo' pur Gaber? Ma 'nn'avasctev De André e chill'atr?Madonnamì a GGì, ma com ding a fa 'nghi chissì? I l'accidess quand'arcacc sse cos...Ma 'nnì sì ch'i er na citilucc quann iev girenn cusctù?!! ma uà che mi ding arsendì..."

Ah, casa dolce casa.
Menomale che esiste la musica, e non solo.
In fondo sbattere la testa contro il muro per cosa?
E vuota la mia testa.
C'è la segatura.
Se la scuoti senti il rumore!
senti senti...
zizì..zizì..zizì..zizì...
più che segatura pangrattato.
O parmigiano.
Oh parmigiano...portami via...
MMMMM.
Buono. Ci sarà un po' di parmigiano?
C'è.
C'è pure il macinato!
Adesso faccio le polpette.
Polpettinepolpettose. MMMMorbide...
Dai dai.
UUUUUUUU...le uova fresche!
C'è la busta della signora.
Sì però...una pulitina poteva anche dargliela...
...Proprio fresche fresche eh...
che schifetto...pennuti...
Adessssso mi faccio pure lo zabaione col caffè. Tanto è presto.
Rumore di nonna, sapore d'infanzia...
Ma quanto urlano questi due.
Tanto ormai ci ho rinunciato...
Ieri volevo...che ne so...meditare...
tsk..strilli e strepiti.
E' brutto quando non puoi andare a cercarti il silenzio da qualche parte.
mmmmmhh, uffa che ansia...
poi ci credo che mi girano.
Ma adesso alzo il volume...
schiumaaaaaaaaa soffice morbida bianca lieve lieve sembra panna sembra neveeeeeee
la schiuma è una cosa buona
come la mamma
quando non sclera, ovvio...
Pppppppppppphon.
nooooo gli squallor no!
Stop Avanti avanti..ecco ecco
play

"When i was a little bitty baby
my mama would rock me in my cradle
in them old cottonfields back home..."

Che vuole ora?

"...now when them cotton balls get rotten
you can't pick very much cotton
In them old cottonfields back home
It was down in Louisiana
just about a mile from Texarkana
In them old cottonfields back home."

Grazie per l'informazione. Lo so che è un cazzone, ma non è perché ascolta musica country, datti pace. Ma sì in fondo... ce l'avrò nei geni? Però Johnny...ti smuove dentro...hai visto il film?

E' una storia romantica...
mi piacciono le storie romantiche.
No, quello è melenso, ho detto romantico.
Che poi nemmeno è giusta come definizione, a voler fare i picciosi il termine romantico...
vabè vai.Cià.
Bisogna stare attenti alla gente romantica...romantici ed idealisti, nell'accezione terraterra...
bisogna starci sempre tutti molto attenti.

Che ore sono?
Le polpette si bruciano.

Ah eccoli tutti e due...che carini...eh gente d'altri tempi.
Tiratemi fuori da quiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!

martedì 5 febbraio 2008

Colombe in gabbia gabbie in vetrina

Mi sento chiusa dentro una bolla che mi tiene isolata e deforma la realtà. Il riso diventa scherno, la solitudine isolamento, il rispetto indifferenza. Non mi fido dei miei stessi pensieri, mi sento chiusa dentro di me mi sento sola. Mi sento il vuoto addosso, da tutte le parti, mi vedo piatta, ferma, morta. Non ho mai avuto così paura di impazzire. Tanto io sono quella forte. Certo. Continuate a pensarla così, continuate a non avere rispetto della mia sensibilità perché tanto io non ne ho una, sono la donna di cemento, non piango mai. Usate pure le parole che vi pare per dirmi le cose che volete, tanto non piango, non mi fanno nessun effetto. Siate indifferenti, cosa vi frega a tutti quati di sapere che cosa provo io, se ho delle emozioni oppure no, sono sbagliata e basta. Sempre occhi asciutti, risposta pronta, tanto chiasso da fare. Chi se ne sbatte del nero e del silenzio? Niente di cui preoccuparsi, partite pure che vengo a piedi. Sono brava a fare il cagnolino fedele, l'insensibile, la buffona, la roccia, la confusa, la spavalda, quella non ti preoccupare per me che se ti preoccupi mi emoziono e non so come risponderti, quella che è vero ho sbagliato scusa, quella che non serve piangersi addosso serve reagire, quella che nonostante tutto andiamo avanti a testa bassa. Quella tutto fumo e niente arrosto, tanto giocate tutti con il fumo, non ve ne frega niente di cercare l'arrosto a meno che non vi venga servito su un piatto d'argento. Per quanti è importante capire come sono fatte le persone dentro, quanti hanno voglia di stare a sentire il prossimo e di parlare di sé? Di aprirsi a una comunicazione fine a sé stessa, per il gusto di non dimenticare che siamo persone e non macchine, non automi, non animali. Possibile che interessi solo a me controllare ogni tanto se la gente sogna, sa la gente è felice, se la gente ama? Possibile che non freghi a nessuno di sapere se io sono viva dentro oppure no? Così mi ammazzo. Mi sento sola, divento cattiva, minaccio l'aria. Ho fatto retromarcia, ci avevo messo tanto tempo per trovare la gioia di aprire delle porte e niente da fare! Tutti chiusi dentro di noi che pare un sacrilegio se qualcuno tenta una via diversa. Io sono maledettamente proiettata dentro me stessa e ci soffro tanto e ci combatto ma con le MIE ARMI. Non posso pensare come qualcun altro, non ho la testa di qualcun altro, mi finisce a crisi isteriche se lo faccio! Perché devo sentirmi screditata a tal punto da voler ricalcare gli atteggiamenti di altre persone? Perché devo faticare così tanto ed essere aggressiva come un cane da guardia per preservare il mio carattere? Farò poi così schifo? Chi può dirlo! Nessuno, non frega a nessuno di conoscere gli altri, non frega nemmano a me. Tanto si finisce sempre con l'essere allontanati, non illudiamoci di poter appartenere a nulla, nessuno appartiene a nulla. Indifferenza, solitudine. L'affetto è per pochi eletti. Sono piccola. Voglio sbattere i piedi per terra, ho tre anni e voglio essere svegliata, nutrita, vestita, trasportata. Mi sento incapace di fare tutto, ho paura, non ho voglia di muovere un passo.Vogliamo solo che la gente diventi come noi e nel frattempo siamo gelosi dei nostri pescorsi. Facciamo tira e molla con il cuore degli altri. Non voglio lasciare nessuno io. Vorrei che la gente si sentisse amata, perché si sente invasa?Perché scappiamo di fronte all'affetto? Che cosa nascondiamo tutti, che cosa non vogliamo che gli altri vedano, cosa non si deve mostrare e perché? Non capisco. A volte mi sento come se tutti parlassero una lingua che non conosco, mi sento emarginata. Al massimo qualcuno riesce ad interessarsi a me come ad un caso limite, un soggetto qualunque o un fenomeno da baraccone. Sto gonfiando una palla di schifezze che esistono solo dentro la mia testa, potrebbe scoppiare ed invadermi tutta, sarebbe un disastro. Ho paura. Quando passa la paura resta la malinconia. Ce la farò a tornare a pensare come prima? Facciamo che la speranza è sempre l'ultima a morire, che almeno è un passo avanti. Se non mi aiuto io...

lunedì 4 febbraio 2008

BandaBardò - Un uomo in mare

Dopo giorni di tempesta il mare piatto si girò
in un blu costaricano mentre il sole si trovò
col cuore in mano
E fu per libero arbitrio e una certa sobrietà
saltò fuori dalla nave in fuga dalla civiltà
UN UOMO IN MARE
UN UOMO IN MARE
Verso la sua libertà
Figlio dell'immensità
UN UOMO IN MARE
Nuota con caparbietà
E la nave se ne va già..

A Nettuno son graditi sacrifici e naufraghi
ma quel giorno fu tradito da commossi brividi
PER L'UOMO IN MARE
UN UOMO IN MARE
Verso la sua libertà
Figlio dell'immensità
UN UOMO IN MARE
Luci e fanfare
Nuota con caparbietà
e la nave se ne va già
Fuochi e clamore e coriandoli!
Fuochi e clamore e coriandoli!
LA LALLALLA'TRALLALLA'vado dove porterà
la mia forza e la voglia di vivere
LA LALLALLA'TRALLALLA'ma ho qualcosa che non va se mi fermo a pensare..cos'è la libertà?

sabato 2 febbraio 2008

Una notte di sogni strani.

Mi porgono una cartolina. Una fotografia, gente che gioca dentro una fontana della mia città. Una festa tradizionale, ma non la conoscevo. Me la rigiro tra le mani... posto per il francobollo, per l'indirizzo...




Sono in una città che non esiste, in una casa che non conosco. La casa è un pò vecchia, un pò trasandata. Una casa in cui vive una famiglia, tutto sommato. Fuori non fa freddo, deve essere estate, è sera. L'atmosfera ricorda qualcosa della mia infanzia, qualcosa che ha a che fare con Pescara. Penso all'umidità e mi tocco i capelli, sono corti come li portavo un anno fa. C'è un pò di muffa negli angoli. Guardo le piante: sono appassite, alcune foglie cadute sul pavimento.




Un'atmosfera ingiallita, rivedo lo studio di mio nonno, i suoi quadri, i disegni, i colori, righe, righelli,tele, trofei, cavalletti. Semibuio, mobili scuri. C'è il mio lettino con le sbarre, lo rivedo identico a com'era. Ricordo che il nonno lo aveva verniciato di bianco perché l'ottone si era rovinato. Pavimento di marmo degli anni sessanta, di quelli pezzati come si trovano ancora nelle scuole, quelli che non si vede mai lo sporco. Mi avvicino ai pennelli e li guardo, c'è il pennellone della schiuma da barba.
Poi una scena che quando ero bambina si ripeteva tutte le mattine che passavo giù a Pescara dai nonni. La guardo dall'esterno, mi vedo bimba di cinque anni con i boccoli lunghi, i vestiti smessi di mia sorella e le ciabattine di plastica. La nonna Iole in cucina sbatte lo zabaione. Io mi metto davanti alla porta del bagno, semiaperta. Guardo il nonno Enzo radersi. Con la faccia insaponata sembra Babbo Natale. Finge di non vedermi e ridacchia sotto la schiuma da barba. Io aspetto. All'improvviso si volta, spalanca la porta e mi spennella il naso di bianco, sento l'odore della schiuma. Mi guarda, sorride e dice -Ciao kikinina!!-. Rido e scappo.





Di nuovo nella casa di prima, davanti alle piante. Le aggiro e dietro c' è un muro, ci sono delle scritte ad acquerello che ricordano quelle che ho sul muro della mia camera, ma sono più belle, accostamenti di colore molto piacevoli. Mi stupisco e penso che le ho fatte io.
Arriva un ragazzo che conosco, nel sogno abbiamo poca confidenza, ho la sensazione di frequentarlo da poco. Mi batte sulla spalla e dice che è ora di andare, parla a bassa voce. Ci spostiamo nella sua camera da letto, l'atmosfera è la stessa della casa. Ci sono altri due ragazzi che conosco. Dobbiamo uscire passando per la finestra, siamo al piano terra. Loro raccolgono delle cose, le mettono in grossi zaini. Nel sogno è una situazione consueta, lo abbiamo già fatto altre volte. Non facciamo rumore, parliamo a bassa voce. Saltiamo fuori. Si fermano e mi guardano. Qualcuno deve tornare dentro, prendere le chiavi sulla cassettiera e spegnere la luce. Io non ho zaini, non ho nulla con me.Mi arrampico di nuovo sul davanzale e piombo sul pavimento, da fuori mi fanno cenno di non fare rumore. Mi prende il panico, sento una voce provenire da un'altra stanza, mi precipito alla cassettiera e ci sono tante chiavi, ne sollevo un mazzo e lo mostro a quelli fuori, dicono di no, lo butto giù ne sollevo un altro, allora annuiscono, qualcuno arriva percorrendo il corridoio, corro verso la finestra terrorizzata senza spegnere la luce. Salto fuori. Mi guardano sconcertati. Vediamo la mamma del ragazzo entrare nella stanza. Lo chiama con una voce strana, lui si raggomitola a terra, in strada. Io la guardo da fuori la finestra con il cuore in gola. Dai gesti riconosco un disturbo psichico grave. Non ho idea di cosa fare, lui chuso a riccio sul selciato. Trema e singhiozza forte. Guardo dentro, lei ha accostato la porta e sta guardando i poster che ci sono attaccati dietro, imbambolata. All'improvviso si mette ad urlare in modo straziante. Lui singhiozza. Uno dei due amici lo afferra per le spalle, lo scuote e lo rimette in piedi di peso, ha gli occhi orribilmente gonfi. L'altro ragazzo accosta le imposte. Ci avviamo per strada, ora lui è tranquillo, mi prende per mano. Io guardo a terra e penso soltanto "che cosà dirà la gente? che cosa dirà la gente? che cosa dirà la gente?"




Sono davanti la fontana della cartolina, splendidamente illuminata, c'è una fiera. Sono con mia sorella e mio padre. All'improvviso al posto della fontana c'è una strana giostra, un grosso disco di legno scuro che gira, con delle poltroncine ed uno spazio per camminare. Saliamo tutti e tre mentre la giostra si muove. Lo trovo molto strano. Guardo per terra e mi rendo conto che ci sono delle venature d'acciaio. Penso che mia sorella potrebbe scivolare. Piove, è tutto bagnato. Mi accorgo che la giostra ruota ormai per aria, la vedo da sotto, sembra un disco volante che gira su se stesso in un punto, a qualcosa come otto metri da terra. Di nuovo sopra,non ci sono ringhiere né protezioni. Ho paura che mia sorella scivoli di sotto. Mi volto e la prendo per i polsi. Mio padre grida nel panico -Questi sono pazzi! Questi sono pazzi!-. Mi guardo intorno, la gente grida e ride e si diverte, ci sono dei padri con dei bambini. Penso che non ci sono protezioni, penso che sono tutti pazzi, che i bambini potrebbero cadere di sotto, sono terrorizzata dall'idea di perdere l'equilibrio, stringo forte i polsi di mia sorella. Sono tutti impazziti!






Sono in un bagno, mezza nuda. La porta è tutta scassata. Mia madre bussa insistentemente. Io devo nascondere un tatuaggio. Le dico di aspettare, non trovo nulla per coprirmi. Lei apre la porta,io cerco di tenerla chiusa. Lei spinge da un lato io dall'altro.

mercoledì 30 gennaio 2008

Autoanalisi,al solito. Attenzione, è una mattonata. Ti piacciono i pipponi nevrotici? Scrivere mi aiuta a rallentare il corso dei pensieri.O forse no.

La notte porta consiglio, oggi mi sento bene.
Non serve a niente puntare i piedi, in fondo sono io a gestire la mia vita.
"Ognuno è fabbro della sua sconfitta, ognuno merita il suo destino."
Più che perdere le staffe mi conviene riflettere. Però non importa, non mi pento di aver perso la bussola. Sbagliando si impara. Non potrà mai andare tutto liscio, la mente deve scorrere come un fiume, non si può stare sempre lì a contenersi. Qualche volta serve mandare tutti a quel paese, l'importante è farlo con amore. L'importante è esserci dentro alle cose, io scappo, ho le gambe che mi partono da sole. Poi torno indietro.
Dico con amore e non con passione (anche se sarebbe più corretto passione nel mio caso) perché come mi ha spiegato quella santa donna che mi insegna filosofia il termine passione può indicare qualcosa che sottomette l'anima, da patire insomma, una cosa del genere. Forse è riduttivo, ma ha cambiato il mio punto di vista, mi ha aperto una strada nuova. Un'altra di quelle persone che stimo e dalle quali ricevo rispetto ed attenzione, ma non affetto. Sempre una punta di fastidio. Deve essere il mio modo di fare. Non riesco a togliermi di dosso questo fatto di mostrare le certezze. Se sono sicura di qualcosa si vede. Se poi la mia certezza è clamorosamente sbagliata la bombardo e la ricostruisco un pò meglio. Ma questo non si vede. Il fatto è che le cose che si imprimono nella mente di qualcuno come consapevolezze, nella mia diventano certezze. Vorrei non averne di queste sicurezze usa e getta. Sbaglio sempre con una convinzione tale che appaio irremovibile. Quello che gli altri non sanno è che ci metto venti secondi a rendermi conto ed a rivedere il mio punto di vista, lo faccio volentieri, non mi costa nessuno sforzo. Ma non si vede da fuori, sembro una testa di legno. Sorge spontanea la domanda: ma se tu sai cosa hai nella testa e ti garba, perché preoccuparsi tanto di quello che appare agli altri? Perché esternarlo per forza? Perché il fatto che gli altri possano farsi un'idea totalmente sbagliata di me mi fa orrore. Mi spaventa a morte pensare che i rapporti con le persone potrebbero incrinarsi per errori di comunicazione. Però resta il fatto che il mio pensiero ed il mio sentire devono passare per la razionalità, poi per il linguaggio, attraverso le parole, il corpo, attraverso l'ambiente e le circostanze per approdare alle orecchie degli altri, alla loro mente, al loro vissuto, al loro sentire. Non gli arriverà mai la versione originale, e questo è assodato. Il dramma (sì, il dramma, perché chi non ha problemi concreti se ne deve creare per forza di altra natura...) è che spesso mi rendo conto che arrivano messaggi completamente privati della loro natura, che non hanno niente a che vedere con quello che ho in mente. E qui mi si dirama talmente tanto la riflessione che mi perdo. Dunque, con ordine (si fa per dire) : sono io che ho un modo di trasmetterli che fa schifo? Eppure mi nego completamente la possibilità di sintesi pur di scansare tutti gli equivoci. O forse dovrei dire che non possiedo affatto capacità di sintesi. Comunque: probabilmente ottengo l'effetto contrario, ingarbuglio talmente tanto il discorso che il messaggio rimane incastrato nei fronzoli e non passa. Oppure, con questo fatto che cambio le mie certezze di continuo, ne sparo talmente tante e così velocemente che mi contraddico ed arrivati a quel punto figurarsi...che gigantesca sega mentale. Mi sento la personificazione della nevrosi occidentale. Certo, perché poi non posso fare a meno di pensare che la reazione degli altri a quello che io trasmetto deve compiere esattamente lo stesso percorso all'inverso per arrivarmi ovviamente falsata. Ma allora la comunicazione non esiste! Passiamo il tempo a prenderci in giro! Saremo tutti soli come cani per il resto della nostra esistenza! Un momento. ho perso il senso della misura, di nuovo. Non può essere così. Però il ragionamento mi fila, a te fila? Bo. C'era un tizio che non mi ricorso come si chiama, mi raccontava mia sorella forse un paio di anni fa, lo stava studiando all'università. Devo chiederle chi accidenti era. Insomma questo tizio doveva scrivere la sua tesi di laurea, credo, su un certo autore. Solo che non ci capiva un accidente dei testi di quell'autore. alla fine ha scritto una tesi su qualcosa come l'incomunicabilità. Forse dovrei informarmi, potrebbe tornare utile alla mia paranoia. Comunque, per la cronaca, quella di filosofia mi ha detto che sono una specie di sofista fascista. Praticamente se mi butto da un ponte faccio un favore all'umanità. All'umanità, addirittura...ma come ci sentiamo importanti stasera! Scherzo ovviamente, mi piace troppo vivere. Tanto ormai mi starò facendo un soliloquio, a meno che qualche masochista... ecco su questa cosa della capacità di sintesi dovrei riflettere un attimo. Insomma è difficile che qualcuno arrivi a leggere questo post fino a questo punto, se lo fa o ci gode a martellarsi le palle o non ha niente da fare. Molto probabile che si addormenti prima. Ecco, anche questa è non comunicazione. Aiuto. Aiuto! Mi esplode il cranio. Tanto per soddisfare la curiosità del mio lettore fantasma aggiungerò che quando provo la suddetta sensazione di sovraccarico ( si dice così?) mi diletto a tentare le seguenti soluzioni: (in ordine di frequenza, decrescente)
-corro avanti e indietro per la mia camera con la musica a palla nelle orecchie ed in dieci
secondi mi ritrovo a giocare in trasferta in un bellissimo mondo parallelo (letteralmente);
-mi sforzo di addormentarmi e magari riesco anche a sognare;
-mi anestetizzo il cervello (lascio alla vostra immaginazione la scelta dei mezzi, i più disparati.)

Dottore, sara grave?