martedì 24 giugno 2008

soffi

ah, insomma. Si dice che i miei compiti in questa vita abbiano a che fare con la ricerca del contenuto, della verità delle cose, della materia del mondo. Si dice anche che dovrei imparare il senso del gruppo, imparare a gestire la presenza che sono per gli altri e prendere bene le misure per le distanze. Buono a sapersi.

Mentre mi addormentavo, ieri notte, ho provato una sensazione strana, poi mi ha raggiunta un'immagine molto piacevole. Pensavo a lui come si pensa ad un qualunque amore. Mi ha seguito di passo felpato nel dormiveglia ed il pensiero è diventato corpo. Un peso sulla pelle, una pressione sempre più forte, sempre più dolce. La sua figura negli occhi, mi sono sentita sabbia. Sabbia che incontra il mare, sotto il peso del suo corpo, e si consuma e lentamente accoglie e avvolge ad ogni nuovo infrangersi di onda. L'ho visto disteso sulla riva al tramonto e fuggivo e tornavo in miliardi di granelli portati dall'acqua, modellando dentro di me la sua sagoma.

giovedì 12 giugno 2008

Ma a cosa stavo pensando?

Ho ritrovato seppellito in una cartella questo frammento di non so cosa.
Ricordo di averlo scritto forse più di un anno fa ma non riesco proprio a capire cosa mi passava nella testa, che volevo dire. Mi fa tanto ridere questo fatto, è strano. Ma è anche una doccia fredda. E' una benedizione. Come se leggessi qualcosa di mio con gli occhi di qualcun altro. Illuminante. Non ci si capisce niente se scrivo così. Ora lo so. Fantastico.
Eccolo...

Bosco Mi ritiro, non partecipo più.
ricordati i pochi occhi del desiderio
Suadente invisibile imposto solo come sollievo
Al Vuoto di vino e di nulla antico come le stelle
Dentro manuali senza perché
Giurami di sciogliere la maledizione
Lega il volere di chi non deve
Piegare le spalle e tendere le mani
Al caso, ai figli, alla povertà.
Recupera la forza che scivola nel vuoto bianco
Sotto il cielo dell’aquario
Sopra il freddo della fama
Giurami di conservare dentro il calore delle tue mani
Un posto come quello che ti costruisco nel grembo
Attento a non calpestare l’infinito che parla.
L’unica cosa che si muoveva.
Erano gli sguardi di chi si fermava.
Hai un maestro bambino
E se glielo chiedi
Ti risponderà
Che avevano gli occhi così tra cento anni.

Del valore della dolcezza.



Mi sento in trappola nella mia testa
come un topo. Mi fa paura.
Scivolo lungo i bordi.
E' tutto viscido.
Io sono viscida.
Sento le mie migliori qualità asservite alla parte più subdola
e schifosa del mio essere.
Ad un gusto macabro.
Mi fa male stare sola, mi fa male pensare.
Io non ce la faccio, è più forte di me.
Ma perché è così? Ho paura.
Ma una paura che così non l'avevo mai provata, mai.
Sento sulle mie spalle mani potenti.
Le sento.
Ci stanno.
E una voce nell'orecchio
stronza che mi detta cose stronze, ma veramente stronze
da fare da dire da pensare e da scrivere.
Ma io ce l'ho un angelo vicino? Ma dove sei?
No, non è così. E' peggio. Non sono una vittima.
Conosco mille vie di uscita e non ci passo.
Non ci passo e basta. E' la mia volontà.
Bene. Sono io che lo voglio. Benissimo.
Niente di peggio, davvero.
E più prendo calci in culo che mi spingono
e più non ci passo. E penso di essere da buttare.
Con tante potenzialità ma sostanzialmente votata all'ottusità
di non ammettere che non posso lamentarmi di niente.
Che ho i mezzi per fare tutto quanto di buono mi passa per la testa
per fare bene a me e agli altri.
E lo penso io ma guai se me lo dice qualcun altro.
Guai a me se arriva a farmelo intuire. Perché mi fa male.
E divento bastarda. Dentro nel profondo.
Sono capace di amare e odiare insieme.
E' mi ribolle dentro in una mistura
e morirei piuttosto che darla a bere agli interessati.


Eppure c'è la dolcezza profonda di certe persone.
Quella mi fa piangere dentro, quella mi fa rinsavire.
La loro verità le fa dolci anche nella rabbia, nella furia, nello sconforto.
E' bellissima, mi annienta. E mi annienta nel mio essere un pallone gonfiato.
E mi sento insignificante e viva. La carezza di un gigante buono.
Se si potesse curare il male con la dolcezza...
Io ci provo se mi capita. Qualcuno in giro lo sa e ne sono felice.
Con qualcuno so essere dolce, con qualcuno addirittura serena.
Mi stacco dal mio modo di fare e provo a dare comprensione
e tenerezza senza biasimo a chi la chiede fosse anche un assassino
sperando (e certo, scagli la prima pietra chi da senza ricevere.)
che mettendola in circolo prima o poi mi ritorni
e magari si può curare l'anima con le buone maniere.
Anche quella degli stronzi, dei muli per natura
non solo quella dei poveri passerotti feriti dal destino.
E magari è solo un'utopia e ci vogliono davvero bastone e carota.

Ecco che sale alla gola, anche un po' a sproposito, qualcosa,
e giusto o sbagliato che sia, mi sa di vero:
l'unica cosa che mi fa una paura e una rabbia fottuta
è che si tolga dignità alle emozioni, quali che siano.
Dite merda al male e pace al bene
ma non levate a quello che le persone provano
un granello del valore che ha ai miei occhi
che non è valore etico, no, non è valore per qualche motivo
è valore perché è un'emozione o un sentimento, e basta.
E non sopporto di vederlo disdegnato.
E questo è la mia croce e la mia forza.
Da un lato mi porta a giustificare l'ingiustificabile
a dare dignità al ripugnante, pur nel disgusto totale
e questo non mi piace
dall'altro mi rende difficile condannare, senza stare a pensare
se una cosa è perdonabile o meno, se mi ha fatto male poco o tanto
e questo mi piace. Nel bene e nel male.
Nel bene e nel male perché le condanne possono distruggere, ma anche costruire.

Ci sono persone che amo, che ho imparato ad amare, nel bene e nel male.
Forse qualcuno nel bene e nel male imparerà ad amare me.
Deve esserci un angelo per me, c'è per tutti.
Bene, io mi rimetto a lui.
E lascio che a portare una ventata d'arte in questo post
ci pensi uno che lo sa fare, un maghetto della parola
e con un brano da uno dei miei libri preferiti
sigillo tutti questi miei sospiri notturni
esprimo il desiderio di incontrare clemenza e dolcezza
e di guardare negli occhi l'affetto che prescinde dal giudizio
e me ne vado a nanna.

"Così Elisewin scese verso il mare nel modo più dolce del mondo - solo la mente di un padre poteva immaginarlo - portata dalla corrente, lungo la danza fatta di curve, pause ed esitazioni che il fiume aveva imparato in secoli di viaggi, lui, il grande saggio, l'unico a sapere la strada più bella e dolce e mite per arrivare al mare senza farsi del male.
Scesero giù, con quella lentezza decisa al millimetro dalla sapienza materna della natura, infilandosi a poco a poco in un mondo di odori di cose di colori che giorno dopo giorno svelava, lentissimamente, la presenza lontana, e poi sempre più vicina, dell'enorme grembo che li aspettava. Cambiava l'aria, cambiavano le aurore, e i cieli, e le forme delle case, e gli uccelli, e i rumori, e le facce della gente, sulla riva, e le parole della gente, sulle loro bocche.Acqua che scivolava verso l'acqua, corteggiamento delicatissimo, le anse del fiume come una cantilena dell'aníma. Un viaggio impercettibile. Nella mente di Elisewin, sensazioni a migliaia, ma leggere come piume in volo.
Ancora adesso, nelle terre di Carewall, tutti raccontano quel viaggio. Ognuno a modo suo. Tutti senza averlo mai visto. Ma non importa. Non smetteranno mai di raccontarlo. Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno - un padre, un amore, qualcuno - capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume - immaginarlo, inventarlo - e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio.Questo, davvero, sarebbe meraviglioso. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente, umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno - un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare. Strada clemente, e bella. Una strada da qui al mare."

Alessandro Baricco, Oceano Mare.

martedì 10 giugno 2008

Finestra buongiorno

Brusio mattutino.
E' silenzio, ma non proprio.
E non spaventa. Cotone.
Sento che lavora intorno alla mia testa
mani delicate garza odori bianchi
gira gira gira e avvolge
e mi fa sorda come un ferito
nella quiete di fine battaglia.

Mi ricorda un risveglio clandestino
c'era il sole che oggi manca dentro il cielo
e dentro di me.
E si piegava il sole, a carezzare le pietre giovani
a consolare il prato ed i suoi occhi
grandi, bagnati
di pianto notturno, colmati
di lacrime immobili.

Sì.
"Sole ai gigli
ed ai papaveri
sole ai ricchi
sole ai poveri."
Sì.

Guardavo quelle lacrime immobili e pensavo che forse
non è così difficile che un cammello passi per la cruna di un ago
considerando che in una goccia di rugiada
ci sta una arcobaleno intero.

E il verde ondeggia al vento come sotto i passi di un gigante
e s'infrange sui muretti e fa schiuma di muschio
e assolve il cemento dal peccato del nostro grigio.

lunedì 9 giugno 2008

Panico Notturno (Prima o poi tutti i nodi...)

Quel respiro.
Merda. E’ tornata.
L’interruttore
Mela!
Shht calma. E’ un brutto sogno.
Betty è morta Betty è andata via Betty non c’è più.
L’interruttore
adesso lo trovo sì
dio ma dove sono
questo non è il mio letto
respira respira con la pancia
gonfia il palloncino
un palloncino bianco, bello
Ma in che stanza mi sono addormentata?
Avevo lasciato la lucina accesa
dove sono dove sono non trovo niente
dentro l’aria fuori l’aria dentro fuori dentro
adesso svengo.
No adesso trovo l’interrutttore
e faccio luce tanta luce luce da tutte le parti e
betty è solo un pensiero
lontano lontano
l’interruttore
DOVE CAZZO…
MELA!

L’INTERRUTTORE SCATTA A VUOTO.
E’ stata lei. E’ stata lei.
MELA!
Non riesco a pensare
Non penso
Non penso
Non penso
Silenzio
Quel respiro
no non è possibile non è vero
Mela ti prego Mela Mela Mela Mela dio aiutami Mela ti prego
Quella risata…

non è un brutto sogno.
Mela aiutami aiutami.
Mela dove cazzo stai??
Mela ti supplico

BETTY
No No No No
Lacrime
Mela la luce! Mela Cristo!
Dio quanto è brutta
Sto per vomitare.
E’ tornata più orrenda di prima
Ma perché la vedo
è buio perché la vedo?!

MELA
amore mio
finalmente
stavo per morire lo sai che stavo per morire lo sai?


Sht.
Vieni qui.
Non piangere.
Betty, sei tornata, non ti aspettavo.
E dimmi, di grazia, da che fogna sei riemersa?


Levati di mezzo prima che ti ammazzo levati
mi spetta un posto in quel corpo e lo avrò


Sai, riguardo alla nostra convivenza…
sai bene come sono fatta.
Tu lo sai che ti lascerei stare qui con me. Hai tanti lati positivi.
La questione è… chi mi garantisce
che non mi metti la testa in un sacchetto di plastica
non appena ti volto le spalle? Betty, come faccio
a dormire tranquilla con te in circolazione?


Dio che guaio.
Forza Mela ti prego non mi lasciare.
Dobbiamo sfinirla questa maledetta
spremerla come un limone e poi assorbirla
visto che a mandarla via si ripresenta.


Si potrebbe trattare… il cuore per il cervello.
O il cadavere.


Betty non farmi arrivare a tanto
Perché fai questo
Tu sai fare un sacco di cose
di cose belle
perché questo veleno?


Smancerie. Fatti avanti.

Si combatte?

Ha già perso.


Parla Betty. Grida, grida ancora.
Fracassa quello che vuoi, piangi.
Prima o poi annegherai nel tuo fango.
Verrò per assorbirti e ti consegnerai a me
senza condizioni senza conseguenze
a parte una leggera mutazione di tono
da rosso a rosso livido.


Grazie

Mal di Giove(ntù).

E’ la tragedia dell’utile
sì insomma la malinconia
dell’uomo che appassisce del fiore che invecchia.
Si attorce su se stesso riarso di fecondità
e trapassa e intende allora più che mai
di aver vissuto solo per dare frutti.
Ma ci sono i fiori recisi
i giovani eroi.
Meglio, c’erano, ora…
Fiori mozzati. Giovani ammazzati. Altro discorso.
Tornando ai primi.
Un senso ce l’hanno? O ce l’avevano…
Al più un senso da mazzo di rose in un’anfora
Sette fiori all’acqua.
Fanno raggiante una donna presa d'amore
si spengono frastornati
troppo bere e niente mangiare.
Ogni petalo che cede una stilla di incanto sterile
fiori che non danno fiori, che non danno frutti.
Fascino. Fascino. Fascino.
E’ una trappola questo richiamo.
Il male nella sua veste più lucente
o il bene nella sua più amara?
Bellezza vacua. Altissima.
Amalgama irreale onirica romantica
un sentimento solo.
Dignità meraviglia sconfitta commozione strazio.
E quel vigore brusco
la potenza incoercibile della freschezza
il gioco del frutto acerbo
ti strazia di profumo fino a farsi cogliere
solo per il gusto di pungere
di ferire al primo morso e
sentirsi scaraventare ripudiato.

sabato 7 giugno 2008

Allafacciatua.

Lussuria peccato e purificazione!
E i baci di ruscello?
E i nidi di passione?
La corsa, per gioco
l’odore della pelle
i bagni di fuoco
di vino e di stelle
…lo sguardo tremante…
…lo spasmo rovente…
…e invece tu niente
di niente di niente
Giacinto Disincanto
Giacinto Semprorante
che ti perdi, santo!
fesso di un penitente.

mercoledì 4 giugno 2008

romanticherie

La porta più ampia l’uscita della grazia
mi addentro nel folto delle selve nere
sui sentieri languidi l’anima spazia
si nutre di ceppi e riposa con le fiere
se il suolo digrada mi rimetto all’inerzia
un passo di danza e rifuggo il riflettore
le mani nel torbido spasimo e scavo
il volto fasciato di mota e terrore
smotto, scandaglio, rovisto e ritrovo
un fermento di vita di rabbia o d’amore

martedì 3 giugno 2008

Scarica!

Ricorderete o forse no,
c’è una grata in fondo a quella via
a chiudere una cella seminterrata.
Guardate dentro quando passerete di lì.
Perché ci passerete, di lì.

Notte.

Pulsazione
insettino ad alta tensione
piccola piccola irrequieta, quasi impercettibile
Pulsazione
perturbatrice di poche parole
si riesuma dal sonno sisma
sbarra gli occhi: buio d’utero
fondo d’abisso…

Pulsazione sbarra gli occhietti
microscopici, lucenti
pesciolino elettrico
pesciolino fulminato
pesciolino sfolgorante
pesciolino incandescente
sbarra gli occhietti
neri, cattivi
e li fa roteare tutto intorno
come lenti
lenti come
elastico che si allunga
molla che si tende
minaccia che si consuma
miccia che brucia
e poi colpo di coda
rincorsa
ingrana e parte
giro di ronda
stomaco bronchi polmoni vene
cervello cuore gola spalle collo
si ferma di schianto dentro la fronte
scivola nei capillari s’infiltra negli occhi


Mattino.
Striatura di sale
sulle guance
striatura di ombra di sbarre
di cella seminterrata

guardate dentro quando passerete di qui.
Perché voi ci passerete, di qui.

memoria

Alcuni combattono contro l’impeto del fiotto, appesi,
uno stridore di unghie contro le rocce del torrente e la corrente
trascina e strappa, via.
Si impiccherebbero ai rami pur di arrestare la corsa,
alla fine invece cessano di tenere
e si rimettono, docili, ai flutti
lasciano che tutto scorra via,
lontano dal pensiero fino alla foce.
Altri ristagnano, dormono e si trastullano
nel fetore del bitume che risucchia e cancella,
giusto per l’istante di una vita
e cullati dal pantano lasciano
una scia immonda sulle foglie del tempo
bava di lumaca da finire rinsecchita al vento.

Cosa mai fare della memoria?
Mi ricorda…
Giù alla centrale amministrativa
fino a qualche anno fa
c’erano degli archivi enormi
adesso quei palazzoni sono animati
di cervelli elettronici
sinistri e vivi
giganti di cemento che ingurgitano file
in quantità tale che non si capisce più
cosa va conservato e cosa buttato via.

Violenza

Smania
dal fosso scarlatto
vischioso dei visceri

mozzarti zazzera e gozzo
fare futili foglietti pazzi
delle tue pallide fiacchezze
tutta la notte
sottili
sottili

essere repellente
creatura astratta accalappiata nel corpo
che stupri questo territorio tattile
se non fossi nel tuo stesso lazzaretto
ti strangolerei di compassione

sussurro
assassino…
ssssssht!
non posso…
passo basso sotto il sasso
assopito
in un sogno ossessivo di

possesso.

Frattura di ossa craniche
croccante sbriciolarsi
frana pietrosa
caterva di macerie
bruscoli di terra che si frantuma
frammenti di barriera che si disintegra

non avere paura Betty
non avere paura B- E- T- T-YYY…

è tutto finito
a che serve piagnucolare
esci betty
a guardare come è tutto finito
a guardare come sta tramontando
joker betty
jolly betty
join me … betty!

Hai visto piccola piccola
non ti farai mai vizza e cadente
è una danza convulsa il tuo terrore
inebriante tumulto e nelle mie mani
ipnotico e pulsante il potere.