La porta più ampia l’uscita della grazia
mi addentro nel folto delle selve nere
sui sentieri languidi l’anima spazia
si nutre di ceppi e riposa con le fiere
se il suolo digrada mi rimetto all’inerzia
un passo di danza e rifuggo il riflettore
le mani nel torbido spasimo e scavo
il volto fasciato di mota e terrore
smotto, scandaglio, rovisto e ritrovo
un fermento di vita di rabbia o d’amore
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento